Data: 31/12/2002 - Anno: 8 - Numero: 4 - Pagina: 22 - INDIETRO - INDICE - AVANTI
Letture: 1241
AUTORE: Immacolata Larocca (Altri articoli dell'autore)
Ogni anno, quando la primavera irrompe nella natura con la sua esplosione di colori, i numerosi cespugli di ginestra con la loro abbondante fioritura tornano ad ornare le nostre colline. I fiori, di colore giallo oro, crescono lungo i rametti cilindrici lucenti, coprendo le piccole e rare foglie ovali; così ogni cespuglio forma una grande e uniforme macchia di colore fra rocce, sassi ed altre piante caratteristiche della macchia mediterranea. Nel periodo dell’autarchia fascista, i baccelli della ginestra venivano raccolti e venduti per spargere poi i semi in essi contenuti in altre zone collinari e soleggiate e incrementare così la riproduzione di questa pianta. Perché? Perché la ginestra, per chi non lo sapesse, è una pianta tessile la cui fibra non è pregiata come quella del lino o del cotone, ma la povera gente, in un tempo a noi non molto lontano, ne ricavava lenzuola, sacchi e coperte e alla novella sposa con la “stoppa” riempivano anche i materassi. La pianta cresceva spontanea e quindi non aveva bisogno di essere seminata né coltivata, ma il procedimento dell’estrazione della fibra era abbastanza lungo e faticoso. Nel mese di luglio i contadini tagliavano i rametti più teneri, li riunivano a mazzetti, accendevano il fuoco vicino al letto del fiume e li mettevano a bollire in una caldaia finché non cambiavano colore. Dopo di che formavano nell’acqua una GURNA e li depositavano, ponendovi sopra dei sassi affinché la corrente non se li portasse via. Li lasciavano macerare per circa una settimana, poi li toglievano e ogni mazzetto veniva strofinato con finissima sabbia asciutta raccolta lungo il greto della fiumara, per separare la fibra dalla parte legnosa. E siccome insieme alla fibra veniva via anche la parte esterna verde, con una MAZZA di legno pestavano la massa fibrosa su un sasso fin quando lavandola non rimaneva la stoppa pulita di color giallo pallido. A questo punto si metteva sui sassi al sole ad asciugare. Seguivano poi le normali fasi della cardatura, filatura e tessitura e delle coperte la tinteggiatura. Il tutto era eseguito rigorosamente a mano, da quelle mani brune e laboriose delle nostre contadine rese callose dal duro lavoro.
(Foto di ) Giuseppina Gallelli Larocca, una delle ultimi filatrici. |