Data: 31/12/2003 - Anno: 9 - Numero: 4 - Pagina: 29 - INDIETRO - INDICE - AVANTI
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AUTORE: Tota Gallelli (Altri articoli dell'autore)
Erano ancora i primi giorni d’autunno quando gruppetti di persone con passo lento e pesante, qualcuno con la giacca sulle spalle, giravano per i campi di uliveti guardando di qua e di là le ancora verdi olive e andavano avanti così per tutto il giorno da un campo all’altro, mentre qualcuno di loro annotava sul quaderno il nome del fondo e la quantità dell’olive stimata. La stima era fatta in due modi: quella aperta e quella chiusa. L’una veniva fatta apertamente e si fittava sul campo ai coloni o ad altri interessati che li seguivano, se la stima era conveniente; l’altra doveva conoscerla prima il padrone, la sera si portava il quaderno e poi lui fittava a modo suo, non certo meno della stima. La sera e per tante sere file di persone stavano lì davanti i portoni padronali per poter pigliare in fitto le olive o per fare il contratto, nel caso della stima aperta. Succedeva, nel caso della stima aperta, che le olive non le voleva nessuno perché erano care; il padrone costringeva allora lo stimatore a pigliarsele lui, male aveva fatto a non stimarle bene. “Cu’ fa’ ped’ihr!u fa’”, dice un proverbio badolatese.
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