Data: 31/12/2007 - Anno: 13 - Numero: 4 - Pagina: 36 - INDIETRO - INDICE - AVANTI
GIUSEPPE PISANI VITTIMA DELL'ODIO FRATRICIDA |
|
Letture: 1549
AUTORE: Vincenzo Squillacioti (Altri articoli dell'autore)
Lo sappiamo un po' tutti ormai, e noi l'abbiamo scritto altre volte, quanto importante possa essere la toponomastica per illuminare la storia dei luoghi e dei popoli che li abitano. A Badolato Marina c'è la via Giuseppe (per noi Peppino) Pisani, di cui ci siamo gìà interessati per la rubrica Toponomastica. In quell'occasione (n° 3/1999) abbiamo scritto poche righe su questo Badolatese, vittima -aggiungiamo ora- dell'odio fratricida che ha impastato la nostra Resistenza nella fase finale della seconda guerra mondiale. Come in ogni Resistenza. Come in ogni guerra. Peppino Pisani era nato a Badolato il 12 dicembre 1910, da Stefano (1856-1932), scalpellino serrese trapiantatosi anni prima a Badolato, e da Teresa Lentini (1871-1938), titolare in Badolato di uno dei tre cosiddetti alberghi qui esistenti per un certo periodo nel secolo ventesimo. Sotto lo sguardo compiaciuto del genitore, del fratello minore Bruno e delle cinque sorelle, Peppino imparò ben presto il mestiere del padre, aiutandolo fin da ragazzo nella lavorazione del duro granito del Gallipari. Ma il ragazzo, pur lavorando con passione e dedizione, avvertiva l'esigenza di migliorare la propria condizione, di elevarsi studiando. Né la famiglia vi si oppose. Non sappiamo quali scuole abbia frequentato dopo le elementari, e come sia riuscito a lavorare e a frequentare contemporaneamente un corso di studi. Possiamo supporre che sia stato a scuola privata presso i monaci francescani del convento di Santa Maria degli Angeli in Badolato. Né abbiamo fatto in tempo a raccogliere la testimonianza di uno degli amici suoi più cari, il giudice badolatese Domenico De Rosi trapiantatosi a Paola. Avevamo preso accordi, per telefono, che con Nino Papaleo, nipote del Pisani, saremmo andati ad incontrarlo a Paola per sentirlo in merito. Purtroppo è venuto a mancarci, ancora giovane, l'amico Nino, e non molto tempo dopo se n'è andato anche il giudice De Rosi. Per sapere qualcosa del primo periodo della vita del Nostro, dobbiamo pertanto accontentarci della sola testimonianza del nostro giudice Pietro Scuteri: "Lavorava da scalpellino con il padre. Rubava minuti preziosi al tempo disponibile per la colazione e per il pranzo. Un'ora libera per il pranzo? Un quarto d'ora per mangiare e tre quarti per studiare. Abitavano sul corso Umberto I, accanto al palazzo di don Matteo Menniti, dirimpetto il carcere. Ha preparato me e Mimì Schiavone, suo parente, per gli esami di licenza ginnasiale; le lezioni le teneva a casa mia, dove trovava pure don Mimì che se ne veniva fin dal mattino. Ha frequentato l'Università a Napoli… abitava in una piazza nei pressi della stazione centrale…" Sappiamo che s'è laureato in legge; che ha partecipato, vincendolo, a un concorso per cancelliere; che da Badolato è emigrato a Genova il 4 gennaio 1933. La seconda parte della sua non lunga vita l'ha trascorsa in Liguria. Pare che si fosse fidanzato, ma non abbiamo avuto la possibilità di rintracciare la fidanzata nell'eventualità che quella fosse ancora in vita, o la di lei famiglia, quando abbiamo cominciato a interessarcene, circa dieci anni fa. Non sappiamo -quante cose non sappiamo!- se è stato impegnato in politica attiva negli anni che precedettero la seconda guerra mondiale e nel tragico periodo bellico, e da che parte fosse eventualmente schierato. Avrebbe potuto -forse- darci qualche informazione un suo nipote, Stefano Pisani, figlio di Bruno: lo abbiamo cercato a lungo, a Napoli dove ci risulta che vive (o viveva) con la famiglia, ma non lo abbiamo trovato. Scomparsi, ormai, altri suoi nipoti badolatesi, Mimì Schiavone, Totò e Stefano Verdiglione. E scomparso anche lui, pare, dalla memoria della quasi totalità dei Badolatesi. Veniamo quindi all'atto finale della sua esistenza. "Ricordare per credere nella Libertà 30 ottobre 1944: una camionetta percorre le strade del territorio chiavarese con un carico di dolore e paura. Sul cassone sono otto uomini che non hanno più nulla da sperare, per i quali il giorno che volge al termine è anche l'ultimo. Sono stati presi dal carcere di Chiavari ove erano rinchiusi in anguste celle: otto, anzi nove individui che non hanno in comune neppure l'età: chi è poco più che un ragazzo e chi ha vissuto l'esperienza della vita; chi aveva ancora illusioni e chi ha lottato per sperare in un diverso futuro. Quando la porta della cella si apre uno solo viene messo da parte: per lui si è implorato; la vecchia nonna, contadina ligure di vecchio stampo, ha chiesto, pregato… Per chi non aveva nessuno perché veniva da terre lontane è segnato un passo, un nome letto che suona condanna:
Bordone Cesare - Bucciarelli Ugo - Emili Arnaldo - Gavignazzi Alfredo - Pisani Giuseppe - Salvi Severino - Tosi Remo Aldo - Ignoto. È la rappresaglia perché è stato ucciso un uomo. Il giorno, anzi la sera prima, era pronta la cena per il capitano degli alpini Napoleone Kummerlin di Querciavalle. Invitato alla tavola imbandita nella casa di Vittorio Cafferata, in San Colombano Certenoli, ove era stato posto un comando della divisione Monterosa, una raffica di mitra aveva posto fine al suo viaggio. Un morto… e per lui, in scambio, altri otto morti. Un massacro senza senso, inutile in un periodo che non riconosce valore all'uomo, in cui l'onore ha un significato aberrante e la vendetta ha il sapore delle cose quotidiane. Otto uomini dunque; ma si spera e si tenta di trovare la salvezza nella fuga. Giunti al ponte da 'o fera do scoeggiu', in località Carasco, Cesare Bordone si butta dalla camionetta e corre verso il fiume. Il suo tentativo di nascondersi nella macchia è vano: una raffica lo scolpisce ed il suo corpo verrà ritrovato un mese dopo nel greto del torrente in località Graveglia. Sono rimasti in sette e il calvario continua fino all'ultima stazione. Giunti in comune di San Colombano, località detta 'la pedagna', nei pressi del vecchio ponte che dalla statale della val Fontanabuona porta a Scaruglia, vengono fatti scendere e schierati dalla parte del muraglione. Il cappellano militare si avvicina per l'ultima preghiera e la benedizione, ma non è questo che vogliono i sette condannati. Cercano disperatamente di vivere e le loro grida si sentono lontano. Poi gli abitanti della valle sentono un unico boato, formato dal rumore di tanti spari simultanei, seguito da un innaturale silenzio......... Saranno due ragazzi, Vittorio Cafferata e suo fratello ad aiutare il segretario comunale nel pietoso compito di caricare su di un carro i morti… quello rotolato nel torrente viene recuperato per mezzo di una corda legata ai piedi e trascinato tra rovi e sterpi che non possono più ferire e far male. E il mesto carro si avvia lungo la strada silenziosa, ove nessuno ha il coraggio di mostrarsi. Ove, se è stata detta una preghiera, questa è rimasta ben custodita nel segreto di cuori impauriti e sfiduciati. Il carro si avanza, passa tra le case fino a quell'ultima dimora comune scavata in una terra che sa di ardesia. Di fatica e di volontà di vivere. Francesca Marini
BORDONE Cesare Anni 61 - nato a Riomaggiore… BUCCIARELLI Ugo Anni 22 - nato a Sestri Levante… GAVIGNAZZI Alfredo Anni 19 - nato a Lavagna… SALVI Severino Anni 23 - nato a Varese Ligure… TOSI RemoAldo Anni 30 - nato a Siniscola (NU)…
Restano sepolti nel cimitero di San Colombano in Vignale:
ELMI Arnaldo Anni 50 - Nato a Fosdinovo (MS)….. PISANI Giuseppe Anni 34 - nato a Badolato (CZ). Celibe. Cancelliere alla pretura di Genova, collaboratore per molti anni del giudice Vistoso… Instancabile lavoratore. Riuscì a salvare un paese dell'entroterra dalla distruzione mediante incendio e per questo fu arrestato mentre era in viaggio verso Genova e portato al carcere di Chiavari. Commemorato nella chiesa della Consolata, in Genova, alla presenza del fratello Bruno il 26/6/45. Altra commemorazione si ebbe in pretura ove l'orazione fu tenuta dal dottor Baldassarre Lombardi, amico e conterraneo del defunto. In suo ricordo il primo pretore ordinò la sospensione dal lavoro per dieci minuti al fine di onorarne la memoria. IGNOTO Di circa 18 anni… Ricerche a cura di Claudio Solari.
Si ringraziano per le notizie: Vittorio Cafferata, getto Viarengo, Pietro Stagnaro, Andrea Papaleo, Giancarlo Emili."
Il documento riportato, frutto di una nobile ricerca del giovane ligure Claudio Solari, nella seconda metà degli anni Novanta dello scorso secolo, fa parte di una nota ufficiale del Comune di San Colombano Certenoli (GE) preparata e diffusa in occasione della collocazione dei resti di cinque delle otto vittime in tombe singole e dignitose, il 19 dicembre del 1998. Erano presenti, in rappresentanza della Comunità badolatese, il Sindaco pro-tempore, Gerardo Mannello, e il nipote di Peppino Pisani, Nino Papaleo con la figlia Caterina. D'accordo con l'amico Nino, il 19 marzo 1999 abbiamo scritto al Signor Claudio Solari chiedendo ulteriori e più dettagliate notizie ch'egli avesse eventualmente recuperato durante la ricerca. Ci è stato risposto, per telefono, che c'era tutto nel documento di cui eravamo già in possesso, e che, comunque, ci avrebbe mandato qualche fotografia e qualche altra notizia. Non arrivò nulla. Avevamo deciso, con Nino, che ci saremmo recati in Liguria, avremmo raccolto altre notizie sulla vita e sulla morte del Pisani, e, alla fine, avremmo scritto una monografia, che onorasse la morte del caduto e lo ricordasse alle presenti e alle future generazioni badolatesi. Se ci fossimo riusciti. Poi… Nino Papaleo ci ha prematuramente lasciati (10.10.2000). E il sottoscritto è stato sempre più incalzato da nuovi impegni socio-culturali che non gli hanno lasciato lo spazio necessario per realizzare quanto desiderato e programmato. Tuttavia, desiderando portare alla luce la figura di questo nobile badolatese, scrivendo almeno un articolo su questo periodico, è stata ripresa la ricerca nel 2005 investendo dell'argomento il dottor Odilio Goretti, direttore del Museo e Biblioteca della Resistenza di Sansepolcro, in proficuo contatto con noi ormai da tanti anni. L'amico Goretti s'è rivolto all'ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d'Italia) di Genova, ottenendo per noi la fotocopia di un pieghevole con il quale l'ANPI di Chiavari invitava, per domenica 25 ottobre 1992, alla "manifestazione a ricordo dei Partigiani fucilati dai nazifascisti quarantotto anni orsono nel levante genovese". All'interno si legge anche il nome di Giuseppe Pisani "da Bodolato, fucilato il 30 ottobre 1944". Ci è pure pervenuta la pagina 419 de "Il messaggio di Alexander - Rastrellamento in VI Zona" dove si legge che "il 30 ottobre 1944 in località Pedania di San Colombano Certenoli vengono fucilati i partigiani….. Giuseppe Pisani….".
A pagina 174 del "Catalogo dei monumenti alla Resistenza ligure - Provincia di Genova - Sesta Zona operativa" leggiamo:
"San Colombano Certenoli, frazione Pedagna. - lapide in marmo riferita a rappresaglia. - Iscrizione: Non è restato il suo nome / accanto a quello di sette Compagni / qui fucilati per rappresaglia / il 30 ottobre 1944 / ma si sa che rallegrava gli altri / con i suoi canti / di diciottenne Partigiano. Sconosciuto di 18 anni / Bordone Cesare di 61 anni / Bucciarelli Ugo di 20 anni / Emigli Arnaldo di 50 anni / Gavignazzi Alfredo di 19 anni / Pisani Giuseppe di 34 anni / Salvi Severino di 23 anni / Tosi Romualdo di 30 anni. A cura dell'ANPI e del / Comune di san Colombano. (Da "Memoria nella Pietà" - Monumenti alla Resistenza Ligure 1945-1995, dell'Istituto Storico della Resistenza in Liguria, a cura di Mirco Bottero, Genova, 1996)".
Siamo lieti di aver potuto acquisire all'Archivio de "La Radice", sempre grazie alla non insolita collaborazione del dottor Goretti, anche un trafiletto apparso su IL TRIBUNO DEL POPOLO del 27 giugno 1945:
NECROLOGIO - Ieri, presente il fratello Bruno, dopo un solenne ufficio funebre nella chiesa della Consolata, ha avuto luogo in Pretura la commemorazione del compianto cancelliere dottor Pisani Giuseppe, martire delle barbarie nazifasciste, alla presenza di tutti i magistrati e funzionari della Pretura. Ha parlato per primo il Pretore dirigente dell'ufficio, quindi il giudice Vistoso che lo ebbe per tanti anni suo apprezzato collaboratore. Ha parlato poi, a nome dei cancellieri, il dottor Lombardi il quale ha con elevati e commossi accenti rievocato la bella figura dello Scomparso, seguito dall'avvocato Arcuri, in rappresentanza del Foro genovese. La commovente cerimonia si è chiusa con l'invito rivolto dal primo Pretore ai presenti di sospendere il lavoro per dieci minuti per onorare la memoria dello scomparso che aveva dedicata la sua attività migliore al servizio della Pretura di Genova." Noi siamo lieti di essere riusciti a strappare dal passato la nobile figura di un badolatese che ha immolato la propria vita sull'altare della libertà del paese. Prima di concludere questo breve segmento di storia di casa nostra, desideriamo qui riportare quanto abbiamo sentito dire da un amico badolatese. La sorte ha voluto che tra i carcerieri del nostro martire ci fosse un Repubblichino, badolatese, anche lui, il quale, probabilmente spinto da amor di paesanità, ha suggerito al carcerato paesano di tentare la fuga, assicurando che lui si sarebbe distratto per renderla possibile. Pisani avrebbe rifiutato. Il presunto carceriere, uno dei sette Repubblichini badolatesi, non ha mai inteso confermare o smentire la notizia. Né ha mai voluto raccontarci del suo passato nella Repubblica Sociale di Salò. In verità, anche altri Repubblichini hanno osservato il silenzio. A Chiavari e a San Colombano manifestazioni e lapidi in ricordo. A Badolato che cosa abbiamo fatto per additare alla Comunità il sacrificio della vita di uno dei nostri? Abbiamo intestato una strada, come dicevamo all'inizio (Deliberazione del Consiglio Comunale n° 30 del 10 giugno 1961), anche se al municipio non si è riusciti a trovare il documento con la motivazione che all'origine doveva necessariamente essere allegato all'atto deliberativo. Al nostro Partigiano caduto abbiamo pure intestato una scuola media in Badolato Superiore. Si tratta della scuola media privata dell'OGIM istituita con Deliberazione N° 10 del 26 marzo 1950 ("La Radice", n° 4/2005, pagg. 38-42). La scuola dell'OGIM è durata quattro anni, da ottobre 1950 a giugno 1954: con la sua chiusura è scomparsa anche la targa sulla quale c'era il nome di Peppino Pisani. Tant'è che la Scuola Media Unica del 1962 vide la luce senza nome, e dovette attendere il 1986 prima che venisse intestata a Tommaso Campanella. Niente, quindi, a Badolato, a parte una poco conosciuta strada, che onori la memoria di Peppino Pisani. Ci sono attualmente le condizioni per traslare a Badolato i resti mortali di questa vittima dell'odio? Pare proprio di no. Noi riteniamo, però, che sarebbe giusta, doverosa ed anche educativa una tale traslazione. A chi il dovere di attivarsi perché ciò avvenga? Senza dubbio, all'Amministrazione Comunale, che rappresenta di diritto, anche se non sempre di fatto, l'intera Comunità di un paese. Ma quale Amministrazione?
(Pronti per andare in stampa, abbiamo trovato del prezioso materiale su Pisani, già appartenuto al nipote Mimì Schiavone e oggi in possesso della nipote Anna Mannello vedova Papaleo, che ringraziamo per aver messo tutto a nostra disposizione. Noi ne faremo tesoro, per interventi futuri.) |