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DALL’1 GENNAIO AL 30 APRILE 2019
Autore:Mario Ruggero Gallelli     Data: 30/04/2019  
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Data: 30/04/2019 - Anno: 25 - Numero: 1 - Pagina: 15 - INDIETRO - INDICE - AVANTI

SINUS SCYLLETICUS

Letture: 81               AUTORE: Ulderico Nisticò (Altri articoli dell'autore)        

Gli antichi avevano consapevolezza della geografia dello Ionio e del Tirreno, e che l’Istmo (“in nessun
altro luogo l’Italia è più stretta”, Plinio) era contenuto da un Golfo Lametico (ci sono varianti) e da un Golfo
Scilletico o Scilletino; e questo prendeva nome da Scillezio (Σκυλλήτιον). Fondata dal mitico re Menesteo
reduce da Troia, era una colonia di Atene, ma dimenticata, e passata sotto l’egida dell’achea Crotone; poi
sotto il dominio di Locri; poi ai Bruzi; poi la colonia romana, sempre più grande e ricca, di Minervia Nervia
Augusta Scolacium, e patria di Cassiodoro. La denominazione di Golfo Scilletino era molto più antica.
Oggi è l’area archeologica conosciuta come Roccelletta, in agro di Borgia e Squillace, affidata al Polo
Museale della Calabria, e offre al visitatore Foro, Teatro, Anfiteatro, Necropoli e un ben tenuto Museo. Vi
sorge l’imponente Roccelletta propriamente detta, probabilmente un convento di età normanna.
Tra le città degli Enotri, troviamo Siberene, oggi Santa Severina.
Il Golfo si fa iniziare nel frastagliato promontorio a sud di Crotone, e finire a Punta Stilo, dove sono
visibili resti di Caulonia (Monasterace Marina), con un tempio forse di Zeus Homarios (della Lega
Achea), e Museo.
Non mancano, accanto a questi centri maggiori, tracce di altri insediamenti. I territori di Isola, Cutro,
Belcastro, Botricello, Cropani, Sellia, Simeri restituiscono memorie che spaziano dalla protostoria a
quando Annibale, ridottosi nel Bruzio, vi pose un possente accampamento, poi divenuto la città di Castra
Hannibalis, nota ancora nell’VIII secolo d. C. Da lì partiva l’arteria che, Trasversale delle Serre (!!!),
giungeva a Vibo Colonia Valentia.
La villa romana detta “Rhoru” (Rotondone) mostra resti in agro di Montauro; e sono indizi importanti
i toponimi Camere e Runci in agro di Montepaone.
Forti mareggiate invernali restituiscono a volte un vasto tratto di costruzioni, poi oggetto di riuso, la
cui memoria rimase nel toponimo ufficiale di Santa Maria di Poliporto, dal 1881 Soverato Marina.
Si parla di una necropoli in territorio di Gagliato.
Tracce di “villae” ellenistiche e romane s’intravedono a S. Andrea e Isca. La Pietra del diavolo, a Badolato,
è una delle tante pietre sacre del Golfo, e ci riporta al mito del re Italo, che “con la politica e con
la violenza” sottomise e unì i popoli attorno ai sacri sissizi di buona e sostanziosa roba nostrana, tuttora
assai gradita in Calabria, dove da sempre si alleva il maiale; e si beve il vino di “Diòniso, il dio che regna
sull’Italia”, come canta Sofocle.
Le vicende politiche del Golfo sono condizionate dall’eterna rivalità di Locri e Crotone. Questa, alla
metà del VI secolo, inviò una potentissima spedizione, che i Locresi fermarono alla Sagra (il Torbido?),
con l’aiuto di Persefone e dei Dioscuri, Castore e Polluce. Il conflitto si spostò sul Tirreno, e ne diremo
un’altra volta.
Quando Dionìsio il Vecchio, tiranno di Siracusa, mosse guerra agli Italioti (in quel 388 ormai si chiamavano
così), assediò Caulonia; accorse in aiuto Crotone, ma senza fortuna. Il nostro direttore, Vincenzo Squillacioti,
ha trovato solidi argomenti per individuare la battaglia lungo il Callipari, e rinviamo ai suoi studi.
Caulonia, Ipponio e la stessa Reggio vennero rase al suolo. Scillezio, come accennavamo, fu assegnata
a Locri. Sopravvennero, dopo il 356, i Bruzi, di cui troviamo tracce a Roccelletta.
Centro bruzio di grande rilievo è Tiriolo (Teira, Ager Teuranus), dove resti eleganti e cospicui attestano
la formazione di una civiltà indigena con influssi greci.
Complesse sono le vicende del Golfo durante gli ultimissimi anni della Seconda guerra punica, con
la presenza di Annibale, Claudio Marcello e altri condottieri romani, e di quel Fabio Pittore che, finite le
gesta belliche, sarà il primo storico romano. Anche Annibale scrisse le sue memorie, in lingua greca, e le
affisse su tavole di bronzo nel tempio di Era Lacinia; ma non ne abbiamo nulla, purtroppo.
Nel santuario della dea, i Cartaginesi sterminarono a tradimento i loro alleati bruzi e italici, che si rifiutarono
di seguirli in Africa. Lasciando l’Italia, Annibale ordinò saccheggio e distruzione delle città costiere.
Da allora, a parte la breve incursione di Spartaco, il nostro territorio vive sei secoli di ininterrotta
prosperità e pace, con la sicurezza elargita dall’Impero, e con i comodi e lussi e svaghi delle città romane.
Visitate Scolacium, e ve ne renderete conto con i vostri occhi.
Sul finire del V secolo, vi nascerà Cassiodoro, che, uomo politico di altissimo rango, tornerà in patria
per chiudere la lunga vita tra la preghiera e gli studi.
Almeno nello stesso secolo abbiamo notizia attendibile di una Diocesi di Scolacium; altre fonti, più
vaghe, parlano di vescovi a Stilo, Tiriolo, Uria, Taverna…
E ci fermiamo all’antichità grecoromana; più volte abbiamo parlato dei “kastellia” bizantini, i nostri
borghi collinari.


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