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Data: 31/12/2009 - Anno: 15 - Numero: 3 - Pagina: 9 - INDIETRO - INDICE - AVANTI

UN BUCO NERO DELLA NOSTRA STORIA

Letture: 1166               AUTORE: Ulderico Nistic (Altri articoli dell'autore)        

I buchi neri della storia sono non esattamente quelli di cui si sa poco, bens quelli di cui
nessuno si sforza di sapere. Nella storia calabrese, e in quella del nostro territorio, i due neri
buchi pi neri sono il periodo romano (III sec. a. C. - VI d. C.), e quello bizantino (VI - XI,
politicamente parlando). Di questultimo, a dire il vero, si parla, ogni tanto: ma solo per dire che
erano tutti, proprio tutti monaci basiliani! Abbiamo detto, su queste pagine, e altro diremo.
Oggi parliamo del periodo romano. Di questo costume o non parlare, o ripetere a pappagallo
le lezioncine del positivismo tedesco dellOttocento, animato da odio protestante per lUrbe.
Loss von Rom, ordin Lutero: via da Roma!
Con la guerra di Pirro (280-75), i Romani sottomettono il Meridione, attraverso dei patti di
alleanza con le popolazioni italiche e le superstiti citt greche, e deducendo colonie. Con la
Seconda guerra punica (219-202) i Bruzi, passati ad Annibale, vengono prima sterminati da lui
stesso per non averlo voluto seguire in Africa, poi ridotti dai Romani in uno stato di schiavit.
Vengono in seguito dedotte colonie a Besidia (Bisignano?), Cosa (Cassano?), Crotone,
Mamerto (Martirano?), Petelia (Strongoli), Reggio, Scolacio, Tempsa (Amantea), Turi Copia
(Cassano - Sibari), Vibo Valentia.
Scolacio lantica Scillezio, trasferita ad opera di Dionisio il Vecchio dallegemonia di
Crotone al territorio di Locri; poi, come rivela larcheologia, occupata dai Bruzi. Per volont
di Caio Gracco, vi giunge la Colonia Minervia Scolacium; limperatore Nerva (96-8 d. C.)
la rifond come Colonia Minervia Nervia Augusta Scolacium; Antonino Pio (138-61) le concesse
un acquedotto. Vi nacque Cassiodoro; e ancora nel IX secolo la abitavano i Bizantini,
chiamandola Fortezza, che i Normanni resero Rochelle, in testi greci Ronkella, e Roccelletta.
Gli abitanti di Scolacio vivevano prevalentemente in campagna, recandosi ogni otto giorni in citt
per affari, tribunali, teatro, svaghi. Il territorio da loro occupato era vasto, e comprendeva sobborghi
come quello che abbiamo proposto di chiamare Tale (Valle dellAlessi), Poliporto (Soverato),
Sanagasi (Isca), e quelle colline su cui, dice Cassiodoro, la citt si estendeva come un grappolo
duva. Da Scolacio muoveva una strada che, inerpicandosi dove ora Stalett, giungeva al Monte
Cucco e a Vibo. In agro di Olivadi si indica ancora un sentiero che porta il nome indicatore di Vteru.
Lantica strada costiera, il dromos dei Greci, era una via consolare, che si vuole lAquilia -
Traianea.
A nord di Scolacio sorgeva Castra Hannibalis, formatasi attorno agli ultimi accampamenti
del cartaginese in Italia. Numerosi sono i ritrovamenti romani negli agri di Simeri C., Sellia M.,
Cropani, Botricello...
A sud, poco rimaneva di Caulonia. Ma Plinio parla di un Consolinum castrum, che forse
Stilo. E negli itinerari si fa cenno a Subsicivio e Mistie, tra le oggid Monasterace e Gioiosa.
Nei lunghi secoli della romanit, non succede quasi mai nulla. Qualche agitazione
ricordata durante la Guerra sociale (98 a. C.). E Spartaco, il gladiatore ribelle, nel 71 si spinse
fino a Reggio: Crasso, per impedirgli il passo, scav una trincea dallo Ionio al Tirreno, che
tuttavia gli schiavi superarono dimpeto.
Per il resto, una lunghissima e pacifica prosperit. A qualcuno piacer questa notizia cos
politicamente corretta; a chi scrive, certamente no, e perch personalmente un uomo attivo; e
perch ben convinto che troppa pace non fa bene ai popoli, li addormenta e li ricaccia fuori dalla
storia. E infatti, nessuna memoria rimasta di quei secoli troppo quieti. Solo un Tito Volturcio
di Crotone ebbene un po di spazio nelle cronache: congiur con Catilina (63 a. C.), lo
arrestarono subito e cant come un uccellino. Ne parlano Cicerone, Sallustio e Plutarco.
Tutti gli altri vissero in tranquilla oscurit; e solo di alcuni si sono conservati i nomi, per nullaltro
che per trovarsi su lapidi funebri.
I luoghi abitati mostrano ricchezza e funzionalit. In agro di Badolato si notano i resti di un
acquedotto.
Il territorio commerciava in derrate alimentari, legname, bestiame, pece. Dai porticcioli
costieri le merci venivano avviate a Scolacio per mare. Non mancava lartigianato: laterizi,
vasellame, legno; e gli Aureli di Scolacio, la famiglia di Cassiodoro, allevavano in vivai i pesci
destinati alla conservazione e alla salsa detta garum.
Ci fu cultura, se Scolacio conserva un teatro di ben quattromila posti.
Il latino del Bruzio ci attestato dal senatusconsultum de Bacchanalibus, del 186 a. C., ritrovato
a Tiriolo nel 1640, in una lingua molto arcaica e forse regionale. Del latino resta molto nel
dialetto, per quanto questo sia sostanzialmente litaliano medioevale con molto greco bizantino:
ma parole come gunu, dssamu, dmitu, esta, fscinu, hiumara, iencu, iuncu, iussu, iusu,
jia, jditu, prviti, prevostu, testu, vrtula, vsparu... e toponimi prediali come Galliano,
Gimigliano, Prtora, Settingiano, Satriano (praedium Satrianum, podere di un Satrio) attestano
una genuina continuit latina.


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