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Autore:     Data: 30/04/2019  
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Data: 30/04/2019 - Anno: 25 - Numero: 1 - Pagina: 49 - INDIETRO - INDICE - AVANTI

STORIA DI PAROLE: l’etimologia del termine “moglie” (dial. mugghjèra).

Letture: 72               AUTORE: Enrico Armogida (Altri articoli dell'autore)        

La parola italiana moglie - si sa - deriva dal lat. mùlĭer, -ìĕris. Tale termine (da un ant. *mulĭes,
il cui tema si è nel tempo rotacizzato) significava presso i Romani donna in generale, (cioè essere
umano di sesso femminile “che ha conosciuto l’uomo”, e che, divenuta suo “possesso”, per mil
lenni è passata - troppo ingiustamente! - come incarnazione e simbolo della debolezza fisica e della
timidezza psichica).
Di solito, il termine mùlier era contrapposto a virgo, che indicava la ragazza ancora illibata,
intatta, e distinto da ùxor,-ōris, che indicava, invece, la condizione sociale e giuridica della sposa;
e, quasi accoppiato, si accompagnava al termine vir,-i (il maschio che feconda), ch’era distinto dal
puer (il ragazzo, non ancora fisicamente sviluppato e divenuto uomo).
Sarebbe interessante sapere se vir,\-i sia imparentato ed eventualmente derivato di verres,\-is,
il verro, il porco maschio che feconda le femmine: cfr. il termine dialettale di S. Andrea Ionio (CZ)
vìarru, ma anche di Vincolise (fraz. di Magisano – CZ) u virri virri = la fregola del maiale); termine
naturalmente usato nel tempo in forma prima figurata e poi nobilitato: sicché l’uomo che feconda
diventa storicamente il marito che comanda, l’eroe virtuoso, il soldato intrepido, l’erede dei beni.
Ernout-Meillet, (in Dizion. etimol. della lingua latina, IIIa ediz. - Parigi, 1951, p. 419), afferma
che il termine mùlĭer non ha conservato nulla del nome indoeuropeo della “donna”, (irl. ben, gr.
ionico-attico guné, andreolese arc. gna), che aveva un valore nobile, spesso religioso: e conclude
dicendo che si tratta, perciò, di un termine nuovo, posteriore, di origine sconosciuta.
Invece, più recentemente, R. B. Onians (in Le origini del pensiero europeo, Adelphi, 2011, pp.
198), - [dopo aver parlato della usanza della sposa romana, uxor, di spalmare gli stipiti della porta
di casa del marito (< ùng[u]o = ungere con grasso di lupus, associato con Marte e identificato anti
camente col seme della fecondità!] -, nell’ampia nota 1) di p. 199 aggiunge che “mulier”, nella fa
miglia primitiva, sarà stata, piuttosto, la “macinatrice del grano” (v. l’ital. molìre), cioè del cibo più
essenziale per la nutrizione antica, in quanto era questo un tempo il compito principale delle donne,
mentre l’uomo “cacciava, pascolava le greggi o coltivava la terra”. Infatti, la fase della macina ap
pariva ai Romani la più importante nella preparazione del pane (cfr. Plin. NH, XVIII, 11, 107: ...ad
Persicum usque bellum... ipsi panem faciebant Quirites, mulierumque id opus (= compito) erat...).
E per comprovare la relazione di mulier con lat. mòlĕre (= frantumare il grano sotto la macina
in un mulino ancora manuale) e mola (la pietra granitica usata per macinare), Onians adduce la
forma umbra kumultu (lat. commòlito: imperat. futuro, II sg. = va’ a macinare il grano) e il termine
greco mùlē, = la macina di granito, quella inferiore, ch’era girata a mano dalle donne, come risulta
in Omero, Odiss. 7, 103-05 (“Cinquanta le donne, nella sua casa (= di Alcinoo):\ alcune alle mole
macinano biondo frumento,\ altre tessono tele e fanno girare i fusi\ - Trad. di Vinc. De Benedetto,
BUR, 2018); e P. Chantraine per il miceneo porta in aggiunta i termini mereuro (cui corrisponde
il gr. màleuron = farina) e meretìrija (= donne che fanno girare la macina) (v. Dizion. etimol. della
lingua greca, Parigi, 1968, vol. II, p. 721).
Enrico Armogida


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