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Autore:Mario Ruggero Gallelli     Data: 30/04/2019  
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Data: 30/06/2004 - Anno: 10 - Numero: 2 - Pagina: 14 - INDIETRO - INDICE - AVANTI

I PAGGHJàRA

Letture: 1136               AUTORE: Tota Gallelli (Altri articoli dell'autore)        

Arrivava l’estate e molte famiglie scendevano al mare per quindici, venti giorni e anche un mese; alcune a luglio, ma le famiglie contadine preferivano agosto perché, finita la trebbiatura, non solo potevano pigliarsi il lusso di un po’ di riposo, ma i lavori di annaffiatura e della raccolta dei frutti cominciavano, in marina, proprio in agosto, in coincidenza, anche, con la maturazione della migliore qualità di pesche, che venivano vendute nella marina stessa, ed essendo sul posto il lavoro si sgravava del viaggio, a piedi, dal paese al mare e viceversa.
Cominciavano i preparativi per la villeggiatura, si doveva anzitutto fare il pagliaio in spiaggia. Uomini e donne tagliavano canne e pali di sostegno, raccoglievano frasche e costruivano il pagliaio di uno o due vani a seconda delle famiglie. Fatto il pagliaio, le donne facevano il pane, i taralli con l’anice (i cururèhr1i d’ànnassi) e riempivano il cestone di altri alimenti, di qualche capo di biancheria e di qualche indumento, ciò che necessitava per almeno una settimana, e si scendeva al mare.
Spesso la mattina i marinai tiravano le reti e le donne facevano le provviste del pesce sotto sale barattando con olio, vino e altri generi. Si cucinava all’aria aperta e si mangiava dentro il pagliaio, si dormiva sulla sabbia, un po’ scomodi ma freschi. Un po’ più distante alcuni facevano una capannuccia per il maiale costretti a portarlo dietro per cibarlo.
La sera i ragazzini raccoglievano legna e quando era buio facevano i falò e si riunivano più famiglie, scherzavano, giocavano, cantavano, suonavano, raccontavano storie, indovinelli.
Una villeggiatura semplice, serena che univa il lavoro allo svago.



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