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Autore:Mario Ruggero Gallelli     Data: 30/04/2019  
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Data: 31/03/2006 - Anno: 12 - Numero: 1 - Pagina: 4 - INDIETRO - INDICE - AVANTI

1806 ANCHE PER IL BASSO IONIO

Letture: 1011               AUTORE: Ulderico Nisticò (Altri articoli dell'autore)        

Nella più sassosa indifferenza delle università, della regione e della cultura e politica ufficiali che lo ignorano secondo me anche nel senso che non ne sanno nulla, chi scrive e pochissimi altri si stanno ricordando che corre il secondo centenario della grande “sollevazione” delle Calabrie contro gli invasori francesi di Giuseppe Buonaparte e Gioacchino Murat; un evento di guerra, ma anche denso di fermenti politici e sociali. Per restare all’assunto del titolo, qui diremo solo quanto accadde in quegli anni nel nostro territorio.
La gran parte dei paesi accettò o subì l’occupazione. Ma Gasperina venne saccheggiata dai Francesi, mentre l’allora piccolo borgo di Soverato fu assalito da “briganti”, che non so dire se furono insorti o semplici ladri.
L’episodio più notevole vede Sant’Andrea protagonista e vittima. La soldataglia francese pretese doni e tributi; la popolazione li rifiutò; il paese fu attaccato militarmente; si difese in armi; venne infine saccheggiato. Tra gli assalitori, il giovane Guglielmo Pepe; tra i difensori e caduti, un figlio di quel Mattei che era stato, dopo il 1799, condannato a morte come “giacobino” dal governo di Ferdinando IV. Strane vicende umane, specchio di tempi confusi.
Bande di “briganti” sono segnalate attorno a Chiaravalle, dove le ricordano tradizioni popolari e toponomastica: Passo del prete, Passo del brigante (d’accordo, sembra)... Scontri avvennero attorno a Petrizzi. Venne collocato un presidio in Santa Maria di Poliporto, l’attuale Soverato Marina, e utilizzarono, profanandola, la chiesetta che oggi è detta del Rosario.
A volte erano davvero criminali e basta, non insorti: nel 1807 a Cardinale venne assassinata in casa sua donna Caterina Cirillo, moglie del notaio Antonio Nisticò, avi di chi scrive. L’omicidio fu vendicato.
A Stilo, sui cui monti si combatté a lungo, è ricordato uno dei tanti episodi orribili della repressione del macellaio generale Manhès: i soldati francesi fucilarono donne e bambini per averli sorpresi in campagna “con più di una razione di pane a testa” e sospetti di rifornire i ribelli. Sarebbero, secondo loro e i loro tardivi ammiratori, libertà uguaglianza e fraternità!
Niente altro di notevole in fatti di guerra. Il territorio intanto ricevette gli effetti delle riforme francesi, volte ad affermare il potere del ceto borghese.
L’1 agosto 1806 un decreto aboliva i feudi. Solo Stilo era allora città regia, mentre tutti gli altri borghi erano soggetti a regime feudale. Alcuni complessi feudali erano di vasta estensione: baronia di Badolato; principato di Satriano e ducato di Cardinale; ducato di Petrizzi e baronia di Soverato; principato di Squillace, poi ridotto a marchesato; feudi della Certosa (Serra, Spadola, Montepaone...). Questi titoli, e quelli di marchese di Gagliato, duca di San Vito... erano decisamente sproporzionati alla rilevanza dei domini e nobiltà delle casate! I feudatari dovettero restituire i beni di diritto pubblico, e conservarono quelli allodiali (privati): di fatto la difficoltà di distinguere e la straordinaria capacità degli avvocati di pescare nel torbido (certe cause durarono più di un secolo!) lasciarono intatte, anzi accresciute le proprietà!
Si cominciarono a vendere le terre confiscate alla Chiesa. Venderle a tutti, è ovvio: e, ovviamente, le comprarono in pochi e nacquero latifondi spesso destinati all’abbandono per incapacità e scarsa voglia di lavorare. Gli acquirenti, per mascherare operazioni diciamo così facilitate quando non palesemente truffaldine, cominciarono ad inventarsi antichissime genealogie quasi sempre campate in aria.
La riforma più rivoluzionaria, e, secondo chi scrive, non in tutto benefica, concesse l’autonomia comunale a quelli che prima erano semplici casali: Pazzano, Bivongi, Monasterace, Guardavalle, Santa Caterina, Isca, Sant’Andrea, San Sostene, Davoli, Montepaone, Montauro, Gasperina, San Vito, Olivadi, Centrache, Cenadi, Palermiti, Stalettì, San Floro, Borgia. Il nome stesso di comune ha origine in quegli anni, ma, in dialetto, è a comuni, femminile come in francese. Ma in questi nuovi e in quelli che erano prima universitates (Stilo, Badolato, Satriano, Soverato, Petrizzi, Squillace) i Francesi abolirono le millenarie istituzioni elettive, e i sindaci furono nominati dai prefetti tra gli abbienti, in genere sostenitori del loro governo. Sorse però un embrione di amministrazione moderna.
Certi di essere solo noi a farlo, abbiamo dunque ricordato il 1806 anche per il nostro territorio dalla storia sempre un pò troppo lenta.


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