Data: 31/12/2009 - Anno: 15 - Numero: 3 - Pagina: 50 - INDIETRO - INDICE - AVANTI
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AUTORE: Vincenzo Squillacioti (Altri articoli dell'autore)
Abbiamo scritto tante volte dell’alluvione dell’ottobre 1951, non soltanto perché ha colpito Badolato in modo tragico come poche altre volte era successo in calamità del genere nei secoli passati, ma soprattutto perché quell’avvenimento è stato lo spartiacque tra due mondi, due epoche, due civiltà: da una parte una sorta di lungo medioevo iniziato nell’XI secolo, con alterne vicende ma con una civiltà che potrebbe dirsi immutata nelle linee essenziali per circa dieci secoli, da quella data, poi, l’inizio di un faticoso cammino verso il riscatto e l’emancipazione, in un contesto nazionale e planetario contraddistinto da frenesie, nuovi colonialismi, squilibri, soprusi,… di un mondo che corre forse un po’ troppo in fretta. Ne abbiamo scritto in particolare nel n° 4 del 1995 (pagg. 19 e 20), soffermandoci soprattutto su pochi e doloranti episodi di quel terribile nubifragio. Ci siamo pure soffermati, anche se brevemente, sull’esodo che n’è seguito, verso le lontane Americhe, del Sud e del Nord, verso altri Stati d’Europa ed anche alla volta di città italiane del Nord alla cui industrializzazione e al conseguente benessere hanno contribuito le braccia e le intelligenze di casa nostra. Siamo consapevoli di non avere esaurito scrivendone nel dicembre del 1995, ma non era questo il nostro assunto, come non lo è ora. Altri segmenti di questa importante vicenda abbiamo trattato nel corso di questi quindici anni, di volta in volta stimolati da vari fattori e da occasionali circostanze: oggi ne scriviamo per dire di bambini. All’inizio della seconda metà del secolo scorso in Badolato non vi potevano essere meno di 500 bambini, su circa 5000 residenti quasi tutti di fatto domiciliati in paese. Numerosi appartenevano a famiglie non agiate, per cui i più piccoli, con le peggiorate condizioni economiche generali a causa delle alluvioni, costituivano un peso, almeno nell’immediato, per tanti genitori. In quel frangente si è pensato, quindi, di andare incontro alle difficoltà di tante famiglie, riducendo le bocche da sfamare e magari anche pantaloni e camicie da cucire. L’idea -come altre, in verità- è stata dell’Arciprete don Antonio Peronace che, intervenendo presso la Prefettura di Catanzaro, ha trovato ospitalità fuori Badolato per alcune decine di bambini badolatesi. Un capitolo di storia locale, questo, che tanta nostra gente ignora, complice anche lo scorrere veloce del tempo. Ma non potrà mai cancellarsi il ricordo di teneri protagonisti, oggi tutti ultrasessantenni, strappati se non alle carezze -anche quelle erano rare- alla calda coltre della mamma e degli altri congiunti. Tra questi piccoli “sfollati” Nato Gallelli (fu Vincenzo) che ha “riportato in superficie” una fotografia dell’epoca, che ci ha regalato e che noi regaliamo con piacere ai lettori de “La Radice”. Come spesso avviene, e come talvolta è opportuno ed utile, lasciamo a questo punto la parola a Nato Gallelli (cerchiato nella foto) che volentieri e con emozione ha rimemorato per noi nomi, luoghi e situazioni: “Don Peronace ha preso accordi con il Prefetto di Catanzaro, Pappagallo, perché fossimo ospitati a Parghelia, vicino Tropea. Poiché la strada provinciale per la marina era ancora interrotta a Graneli per la rottura del ponte a causa delle alluvioni, il fermato a Mingiano, e tutti noi siamo andati a piedi dalla Santicehr!a. Eravamo in tanti: con me c’era Andrea Battaglia, Vincenzo Carnuccio, un certo Gallelli, Vincenzo Lentini, Antonio Menniti, Domenico Piperissa, Raffaele Pultrone, Giuseppe Quintino, Pasquale Samà, Andrea Spasari, Giuseppe Vispetri,… La maggior parte avevamo nove anni. Ricordo che poco prima che partisse il pullman è arrivato a Mingiano un mio cugino, un giovanotto, che mi ha regalato qualche soldino. Siamo partiti nel pomeriggio (era ancora ottobre?) e siamo arrivati a Parghelia col buio. Ci hanno portato in una casa di legno, tipo villa, con il solo piano terra rialzato e con una veranda in legno. Dormivamo tutti in una camerata e mangiavamo nel refettorio, con l’assistenza continua di alcune signorine. Il cibo era “normale”. Qualcuno di noi ha visto per la prima volta il latte in polvere. Frequentavamo le scuole pubbliche del paese: io frequentavo la seconda elementare. A Natale siamo tornati a Badolato per le feste: sono venuti a prenderci con il treno i nostri genitori. Ogni tanto uscivamo in paese, a passeggio, accompagnati dalle signorine. Qualcuno di noi, tra i più grandicelli, ogni tanto usciva da solo per delle commissioni. Qualche volta siamo andati a piedi sino a Sant’Angelo di Drapia, per incontrarci con altri bambini sfollati come noi, alcuni erano badolatesi: qualche volta siamo rimasti a pranzo con loro. Ogni domenica vedevamo l’Arciprete del posto che celebrava la Messa. Una volta, non ricordo in quale ricorrenza, abbiamo fatto la Prima Comunione, anche se qualcuno di noi l’aveva già fatta a Badolato. Alla fine dell’anno scolastico siamo rientrati alle nostre famiglie.” Qui finisce il racconto di Nato Gallelli, ma noi volevamo saperne di più, su Parghelia, ed anche sull’Arciprete e sul Vescovo della foto. A tale scopo, secondo un nostro abituale costume, ci siamo rivolti ad un caro amico, nostro personale e de “La Radice”, di Parghelia ma residente a Pomezia, il professore Michele De Luca, attento studioso di glottologia e di antropologia, che ha cercato per noi e ci ha mandato un’altra bella fotografia (archivio Libertino) e lo scritto che segue: “Oggi pochi ricordano l’episodio. Sono passati più di 50 anni. Era il 17 ottobre 1951 quando Badolato fu colpita da una devastante alluvione. In quella occasione alcuni bambini vennero ospitati a Parghelìa. Una foto mostra i 19 bambini, con accanto l’arciprete Francesco Ruffa, originario di Drapia, parroco di Parghelia dal 1934 al 1962, morto alla Stazione Termini di Roma, appena sceso dal treno, in seguito ad un collasso. A sinistra, nella foto, vi è il vescovo di Nicotera e Tropea, Monsignor Felice Cribellati, nato a Staghiglione (Pavia) il 28 maggio 1885 e morto a Tropea il 1° febbraio 1952. Sulla base di questa ricostruzione (ottobre 1951 - febbraio 1952) si può con certezza affermare la datazione della foto stessa. Si può anche riconoscere il luogo dove la fotografia è stata scattata: a fianco della chiesa di Sant’Andrea, a Parghelìa. Non appare, invece, il personaggio principale, la donna che ospitò nella propria abitazione, in Via Andrea Mazzitelli, a Parghelìa, una parte dei bambini, una certa Maria…, conosciuta in paese con il benevolo soprannome di pecuréa, piccola pecora, forse per i capelli ricci e scuri! Altri bambini vennero ospitati nello chalet della Casa di carità, presso l’Asilo, in fondo al paese. Fu scelto quel luogo poiché la presenza degli anziani era scarsa e vista la vicinanza con l’Asilo i bambini avrebbero potuto giocare nel cortile dello stesso edificio, sotto la stretta sorveglianza delle suore. Un’altra foto, pubblicata in un libro di Saverio di Bella, Una vita per gli altri (1987), biografia su Gerardo Ruffa, attesta la presenza in Calabria di alcuni bambini di Badolato e della vicina Nardodipace. Sono attorniati dal vescovo Cribellati; a sinistra don Giulio Spada, orionino, cofondatore dei Figli della Provvidenza; a destra don Gerardo Ruffa, originario di Drapia e custode della piccola abbazia basiliana di Sant’Angelo, il luogo dove è stata scattata la fotografia, nel 1951. E non è da escludere che questa foto voglia testimoniare una circostanza particolare: il ripristino di Villa Felice, adiacente all’abbazia, fatta costruire, a proprie spese, dal vescovo di Tropea Felice Paù (Terlizzi, 1704 - Drapia, 1782); acquisita dalla Curia per ospitare i seminaristi nei loro ritiri spirituali, e “inaugurata” proprio con l’arrivo dei bambini di Badolato e Nardodipace. Comunque sia l’ospitalità offerta ai bambini badolatesi fu, per Parghelìa, un gesto assai generoso, poiché il paese, distrutto interamente dal terremoto del 1905, non era stato ancora del tutto ricostruito; vi erano, un po’ dappertutto, i resti di alcune baracche edificate 47 anni prima! E non possiamo escludere che le sofferenze sopportate allora dai parghelioti abbiano rafforzato la solidarietà per gli sventurati che nell’alluvione di Badolato avevano perso tutto!” Riteniamo di poter chiudere qui questa pagina di microstoria, ringraziando il nostro Nato Gallelli per averci partecipato i suoi nitidi e precisi ricordi. Un grazie particolare anche all’amico Michele De Luca per l’impegno della ricerca e per la ricchezza delle notizie.
(Altri bambini, circa trenta, sono stati ricaverati a Brindisi: ne scriveremo un’altra volta) |