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ESPRESSIONI RICORRENTI
Autore:Vincenzo Squillacioti     Data: 30/04/2019  
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Data: 30/04/2015 - Anno: 21 - Numero: 1 - Pagina: 15 - INDIETRO - INDICE - AVANTI

DALLA COLLEZIONE “RIVA 1920” DI CANTÙ AL VIBONESE, IL MONDO DEI MESTIERI IN BICICLETTA.

Letture: 392               AUTORE: Franco Vallone (Altri articoli dell'autore)        

Un lungo filo rosso su due ruote e pedali quello che va dal vibonese alla lontana Cantù, in Lombardia, e che celebra la bicicletta da lavoro, una componente importante della società del passato, nel meridione come nel settentrione d’Italia. Il nostro viaggio nel mondo dei mestieri su due ruote parte dal vibonese, da Filandari, in provincia di Vibo Valentia. Qui, a testimonianza, ritroviamo una vecchia bicicletta appesa all’aperto su un alto muro. Sovrapposto alla bicicletta, arrugginita e senza
gomme, un cartello con la scritta “A ricordo di Cortese Emanuele noleggiatore di biciclette 1930”. Il collega Franco Pagnotta ricorda ancora il personaggio e ci racconta che “a Filandari, Cortese aveva anche una bottega dove riparava le numerose due ruote a pedali”. Oggi su quel muro rimane il silenzioso testimone sopravvissuto al tempo, un monumento spontaneo in ricordo dell’operosità della persona e del luogo.

2015, Cantù in provincia di Como, un importante spazio espositivo, il Museo del Legno “Riva 1920”, conserva, tra l’altro, una preziosa collezione di ben ventitré biciclette da lavoro. C’è la bicicletta da bibitaro degli anni ’40; il bibitaro faceva spola fra i cinema, vendeva dolciumi, gazzose, spumoni, liquirizie, tabù e mentine. Aveva anche una scatoletta dove teneva le sigarette. La cassetta dove teneva la merce era in legno con una cinghia in cuoio per poterla appendere al collo.
Altra interessante bicicletta quella del fuochista pirotecnico con le attrezzature necessarie, le girandole esplodenti e scintillanti ed una fiamma a petrolio per l’accensione delle micce. Una curiosità: nella collezione privata “Riva 1920” vi è anche una bicicletta da Madame, la bicicletta apparteneva ad una signora, madame di una vecchissima casa di tolleranza. Oltre ad una elegantissima retina paragonna, vi è una raffinata borsetta, un ombrellino con il manico in avorio. Sul tubo dello sterzo la presenza di una fascetta in alluminio con stampata un’immagine sacra della Madonna. A seguire la bicicletta del venditore di caffè del 1950 con il sacco, la cassetta ed il macinino per il caffè.
Ritornando in Calabria ritroviamo memoria di alcuni antichi mestieri che venivano effettuati con l’utilizzo delle biciclette. A Briatico, ad esempio, i Prostamo e Favureju, i postini del tempo,
utilizzavano un particolare triciclo per prelevare la corrispondenza alla stazione ferroviaria, all’arrivo del treno. Successivamente la posta veniva distribuita con la bicicletta che aveva sul manubrio una grossa borsa in cuoio contenitore delle lettere. Un altro grosso triciclo, presente per le strade di Briatico, era quello del fornaio Borello che serviva quotidianamente la distribuzione del pane. Altra testimonianza arriva dalla zona di Nardodipace, sempre in provincia di Vibo Valentia, dove l’ostetrica, la cosiddetta mammineja, arrivava con i suoi attrezzi e con la sua bicicletta per far nascere i bambini. Una bicicletta simile la troviamo oggi a Cantù, è appartenuta ad una levatrice degli anni ’40. A quell’epoca si partoriva in casa e la levatrice era assolutamente indispensabile: a qualsiasi ora del giorno e della notte doveva essere sempre disponibile. La sua bicicletta è completa ancora di borse e dell’attrezzatura necessaria. Nei paesi del Vibonese sono in tanti quelli che ricordano due curiose figure che ritualmente giravano con le loro biciclette stracariche di oggetti in moplen, vasche, secchi, lavamani, gotti ed ogni altro oggetto utile per la casa. Questi oggetti non erano in vendita ma venivano barattati in cambio di capelli o di alluminio vecchio. Erano il capijaru e l’omu d’alluminiu, due figure oggi completamente estinte. In alcune feste, invece, si poteva incontrare la bicicletta dell’uomo della fortuna che andava in giro con i suoi pappagallini che estraevano i bigliettini colorati della fortuna, una sorta di mago imbroglione che simpaticamente assicurava di saper prevedere il futuro. A Cantù, nella Collezione “Riva 1920” c’è anche un esemplare di questa strana bicicletta completa di organetto, gabbia, trespoli, valigetta con i mille bigliettini arrotolati ed un colorato pappagallo impagliato.
A Briatico ed in altri centri del Vibonese sopravvive ancora, ma in alcuni casi solo nella memoria, qualche vecchia bicicletta allestita per il trasporto delle bombole di gas, del riparatore di ombrelli, dell’arrotino, del barbiere a domicilio, del gelataio che con la bicicletta andava in giro con tutti i gusti, gli aromi e la neve conservata nelle cassette di legno. Dalla Lombardia alla Calabria, da Cantù al Vibonese, tracce comuni di una cultura riportata alla luce dalle biciclette da lavoro che testimoniano, ancora oggi, il sacrificio di tanta umanità su due ruote ed i faticosi mestieri erranti di una volta.


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