Data: 30/06/2003 - Anno: 9 - Numero: 2 - Pagina: 26 - INDIETRO - INDICE - AVANTI
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AUTORE: Gianni Favaro (Altri articoli dell'autore)
(Benito Belpanno, calabrese che vive in Piemonte, in contatto con noi fin dallepoca dei primi sbarchi di Kurdi dalle nostre parti, ci manda questo duro e dolorante pezzo di Gianni Favaro. Non vogliamo commentare alcun pensiero di questo sensibile sindacalista trapiantato anche lui nellaltra Italia, anchessa non immune da contrasti e difficolt. Sbaglieremmo pesantemente se ci permettessimo qualche chiosa ad un pensiero cos vivido e cos lucido. Vogliamo soltanto e doverosamente precisare che il titolo, emarginazione, nostro, l dove lAutore ha usato la formula epistolare. Avevamo pensato a la stolida e criminale cultura della dilatazione dei consumi, fatta fraudolentemente assurgere, da alto-locati e interessati individui nostrani, a unica e sicura panacea per i mali della nostra pericolante democrazia, ma poi abbiamo preferito il monosillabo, pi veloce, pi immediato, pi concreto.)
Da un po di tempo la sede della CISL di via Roma,18 a Chiasso meta di poveri ed emarginati, disoccupati, extracomunitari senza permesso di soggiorno. Sono la rappresentanza di una dimensione sociale mal sopportata e, spesso, volutamente non vista. Uno spaccato della realt chivassese, immagino di notevole dimensione, scarsamente classificabile a causa della limitata conoscenza del fenomeno. Il fenomeno della povert e dellemarginazione sarebbe, anche per noi del sindacato, in parte sconosciuto se non fossimo quotidianamente richiamati alla realt dei fatti da un instancabile, e per alcuni versi irriducibile, Benito Belpanno, volontario dellintervento umanitario, apprezzato per il suo disinteressato slancio solidaristico, a volte deriso e mal sopportato, ma molto conosciuto a Chivasso. Lemarginazione che tocchiamo con mano, non soltanto povert, di pi. Emarginazione non soltanto mancanza di bagaglio culturale, molto di pi. Emarginazione non una condizione di esclusione di dipendenza economica o sociale o politica, qualcosa che attanaglia e annienta tutti i valori, tutte le risorse, tutta la volont, tutte le difese della persona. Lemarginazione, la povert , la nuova povert, vissuta a Chivasso nella sala dattesa del Pronto soccorso o della stazione ferroviaria esiste e dilaga ancora. Essa si sostiene e si perpetua sulla mancanza di presa di coscienza del semplice fatto di essere emarginati, poveri malati, come quella persona, che abbiamo conosciuto e che stancamente da qualche giorno si trascina sulle stampelle, malata, senza casa e, cosa ancor pi triste, senza, o quasi, la solidariet della comunit locale, compresa quella cristiana. Ma ci che fa pi male la condizione umana sofferta da coloro che si trascinano come relitti, derisi e dimenticati, poich la cultura in cui siamo immersi culmine e fonte di rapporti umani e sociali di mercato, per cui non c posto per le persone che non producono, n per quelle che non consumano, se non quando esse diventano occasione di facili guadagni, strette nel labirinto assistenziale dal quale non escono pi. Lemarginazione un non valore. Tocca i suoi livelli pi bassi quando le coscienze reputano di non valere pi nulla e di aver esaurito tutte le carte per giocarsi il rilancio della propria vita. Abbruttisce gli uomini, spacca le famiglie, mette contro genitori e figli. Anche nella nostra comunit chivassese sta ritornando evidente il fenomeno dei barboni per forza. Sono molti che mangiano sempre di meno. Vi sono uomini senza casa, lavoro, affetti, che si arrangiano come possono. Vi sono moltissimi giovani che attendono il primo posto di lavoro. Vi sono persone senza potere. Sono quelli che non contano nulla, perch espropriati dei loro diritti. Sono comprati, ricattati , buttati via. Dai politici sono chiamati ad una falsa partecipazione, poi a casa decidono nulla e anche nella Chiesa dicono nulla. La loro parola non soppesata da nessuno: ad essi si chiede il voto ed il consenso. Poi basta. Questi sono i poveri di sempre. Il nostro sistema sociale si accanisce poi contro i pi poveri tra i poveri. Oggi si capisce meglio che queste povert sono anche il prodotto di uneconomia, sbagliata apposta, per il vantaggio di pochi. Di uno sballato funzionamento delle istituzioni sempre pi contrarie a progetti di cambiamento. Noi possiamo costruire una cultura alternativa a quella dellindifferenza. Si deve aprire uno spazio in cui sviluppare una cultura semplice e alla portata di tutti, al cui interno vederci tanta libert, tonto spazio per lautonomia, tante ragioni e strumenti per tutti, tanta capacit di tenerezza umana e di solidariet sociale. Una cultura capace di tramutare le parole in vita vissuta, le teorie in esperienza, i concetti chiari e distinti in scelta operativa. A questa rinnovata cultura dobbiamo chiedere insieme di ristudiare e di riscoprire nei grandi temi le povert i poveri , di annodare reti di solidariet nel nostro territorio, di non aver paura della pace, di ridefinire la societ, la politica, la famiglia, luomo e la donna, con i diversi linguaggi dellaccoglienza. |