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Data: 31/12/2006 - Anno: 12 - Numero: 4 - Pagina: 4 - INDIETRO - INDICE - AVANTI

Franco Berardelli Laltra cosa bella, Roma, Casini, 1963

Letture: 1271               AUTORE: Antonio Barbuto (Altri articoli dell'autore)        

Lidea iniziale di seguire, in certo qual modo, un ordine cronologico in queste mie noterelle, era destinata prima o poi a cedere allamore di solito provocato da occasioni o impulsi fortuiti.
Nella fattispecie, a dedicare il presente medaglione a Franco Berardelli sono stato indotto dal recente soggiorno nella mia casa di Canale Kilometrotre, dove campeggia nella mia bibliotechina calabrese di libri amati che rileggo per lo pi nei mesi estivi.
Negli anni del ginnasio Franco Berardelli stato per me un autore cult: ho cominciato a conoscerlo sulle pagine di Calabria Letteraria di Emilio Frangella dove, a puntate, Emilio Barillari ha pubblicato un saggio di straordinario acume critico intitolato La grande poesia silenziosa. E anche tramite lappassionata celebrazione Per Franco Berardelli di Giuseppe Casalinuovo, pure lui poeta notevole, comprata insieme a Dallombra e Celebrazioni da donna Delina Fera, sorella del maestro Domenico, lettore onnivoro che lasci una discreta e disordinata biblioteca da me giovinetto saccheggiata seguendo un istinto di libra liccarduni, ancora oggi non sopito. Il primo nucleo della mia sontuosa Bibliotheca risiede in quei volumi comprati, da donna Delina, a soldi o a olio a seconda dei bisogni dellarzilla vecchietta, e che adesso occupano uno scaffale-icona a documentare e celebrare gli inizi della mia malattia per i libri. La vicenda umana e il valore poetico dei versi di Franco Berardelli che mi capitava di leggere mi presero tanto intensamente che gli ho dedicato una mia giovanilissima poesia intitolata Chopin, certamente non allaltezza di quella che aveva scritto lui sullimmortale musicista. Comunque, nel mio fervore adolescenziale, ho inviato al padre di Franco, lalto magistrato di Cassazione Giulio, una copia del mio scarabocchio ed ebbi in risposta e in dono la fotografia del poeta con una dedica che da allora, in cornice, posta accanto a quelle dei miei cari.
Franco Berardelli leggenda: morto a 23 anni ha lasciato una cospicua produzione letteraria di cui alcune cose di alto livello artistico: sonetti, odi, 6 drammi, poemetti, 2 romanzi, traduzioni dal greco e dallinglese.
Credo che a tuttoggi lopera del giovane poeta inedita, tranne il volumetto di cui qui si discorre. Esso consta di tre sezioni: La morte lenta, La morte triste, La morte bella.
In exergo sono riportati alcuni versi di Guido Gozzano: Reduce dallAmore e dalla Morte/gli hanno mentito le due cose belle./Fratello triste, cui ment lAmore/che non ti menta laltra cosa bella.
Il titolo dellopera e i versi proposti quasi a guisa di talismano, collocano senza esitazioni la poesia di Berardelli in quel sistema letterario che il felice intuito critico di G. A. Borgese defin crepuscolare.
La vicenda biografica lo apparent naturalmente ai crepuscolari che esprime al fondo di tutto la malattia e il disagio dellesistenza. E nellambito del crepuscolarismo Berardelli va accostato pi che a Gozzano, anche e soprattutto dandy di esibita e accattivante autoironia, a Sergio Corazini, senza dubbio pi prossimo per biografia e accenti elegiaci. Difatti il tono fondamentale lattesa della morte: morire/senza uccidere la vita,/cos finire/per una breve vena/spezzata nel cuore.
Una poetica che riscatta i segni della vita non vissuta (Rilke) e il dolore nella favola del passato: la stanca Giovinezza,/chegli non ebbe mai.
Lapparato dei titoli delle pi belle e intense composizioni (Alla malinconia, Il Passato, Tristezza, Pianto dautunno, Vecchia canzone, Morte del fringuello, Testamento) e dei luoghi (nel tuo giardino antico; il giardinetto, chiuso dalle aiole; era un chiaro giardino; il giardino incantato; la sera/scende nella mia stanza,/piena dombra e di sogni; la noia infinita/dun desiderio antico; Albero che ti spogli/della verde/ipocrisia; sudario/di malinconia/; Questo lembo di cielo/chio guardo/ed sempre lo stesso,/grigio, uniforme, monotono/come un sudario e della consapevolezza del proprio destino determinano quella condizione crepuscolare struggente e rassegnata che apparenta gli uguali persino nei simboli delle cose inanimate: Una cupa pineta/un lungo refettorio/un triste sanatorio; il povero malato/che piange sul suo giorno/gi rivolto al tramonto; Stasera venuta/la dolce sorella/che ha nome Tristezza; tu sei quello che sono:/un canto dabbandono; Io ti guardo con tanta/tristezza /immagine di sconosciuta/malata di giovinezza/perduta nel tempo, che tutto scolora,/che io, vecchio, ritrovo/nelle pagine antiche,/un po stinte,/dellalbum/che guardo, con nuovo/rimpianto; Ti rassomiglia lanima:/butta le sue speranze/si sveste delle spoglie/primaverili, come/tu delle foglie;/non una le raccoglie/ala di canto; Povero uccello/abitatore del cielo/intirizzito dal gelo,/che hai trovato una sosta/al tuo andare,/al dolore,/vicino ad un altro randagio/che muore; del mio stesso male,/qualcuno vicino, moriva.
Sulle occorrenze dellaggettivo vano e sue dilatazioni semantiche si sostiene la calma disperazione che fu di Saba e di Caproni almeno, e la vanitas vanitatum delle scritture, come sui topoi, di scuola inevitabilmente, e si aggiunga, a chiusura, la volont di decidere i rituali del dopo, senza lenfasi e il retoricume solito: Non voglio n lombra dei verdi/cipressi, n un fiore, /sul marmo/che chiude le mie ossa,/non vane parole/scolpite,/nullaltro che il sole/e loblio./Coprite la tomba/con lembo di cielo/chio guardo,/ed sempre lo stesso/grigio, uniforme, monotono, /come un sudario.
Da una finestra del sanatorio sulle Alpi di Rogueda quel lembo di cielo fu certamente lultima cosa/chio forse vedr con piacere e lo richiese come estrema e confortevole immagine del suo affranto pensare/che forse mi tocca/morire/tra poco.
Da quelle prime adolescenziali letture ho attraversato molte migliaia di versi eppure dopo tanti anni questi di Franco Berardelli mi hanno fatto riprovare emozioni antiche di cui sono lieto e fiero di aver dato qui notizia.


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