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UN AFFRESCO: UN RECUPERO
Autore:Vincenzo Squillacioti     Data: 30/04/2019  
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Data: 31/12/2017 - Anno: 23 - Numero: 3 - Pagina: 14 - INDIETRO - INDICE - AVANTI

IL CAVALIER CALABRESE

Letture: 1374               AUTORE: Giovanni Sorrenti (Altri articoli dell'autore)        

Questo breve scritto vuole essere un omaggio
all’artista Mattia Preti ritenuto, in ambito internazionale,
fra i tre grandi dell’arte pittorica del ’600.
Essendo nato nel 1613 e morto nel 1699 attraversa
quasi tutto il XVII secolo, conoscendo quasi
tutti gli artisti più importanti del suo tempo ed assorbendo
le più disparate esperienze pittoriche del
BAROCCO italiano ed europeo.
Tra affreschi, pitture murali e tele ad olio produce
più di 500 opere di cui ben 21 spedite alla sua
indimenticata TAVERNA, che, oggi, si possono
ammirare nel suo Museo Civico e nelle sue chiese
di San Domenico e di Santa Barbara.
Fin dalla più giovane età ebbe due grandi ambizioni:
Elevarsi al rango nobiliare dal proprio degli
“ONORATI” e dipingere per tutta la vita soggetti
d’alto contenuto sacro. Riuscì a realizzarle entrambe;
infatti Papa URBANO VIII lo nominò Cavaliere
di Malta e dipinse, per tutta la sua esistenza,
validissime opere sacre con una dedizione missionaria
e con tutta l’intensità e la commozione di una
preghiera!
I periodi che scansionano la sua attività di pittore
sono tre: Periodo Romano (1630-1653) iniziatico e di ricerca, presso il fratello Gregorio pittore in
Roma. Periodo Napoletano (1653-1659) della maturità artistica creativa. Periodo Maltese (1660-1699)
da me definito della piena maturità statica, poiché in esso ci sono tutti gli elementi della sua maestria,
consolidati, ma mancano elementi innovativi.
Per le opere ecclesiali, in Italia, praticò la tecnica dell’affresco, ma egli predilesse sempre la tecnica
dell’olio su tela ed è interessante sapere che ebbe l’intuito di adoperare tale tecnica anche sulle
pareti delle chiese maltesi essendo costruite con la bianca e compatta pietra locale atta ad accogliere
l’impasto della suddetta con risultati migliori dell’affresco.
Lo stile ed il valore della sua arte consiste nella ricchezza delle sue composizioni senza mai indulgere
in particolari inutili; costruisce l’insieme dei personaggi sacri o mitologici o popolari con una
originale trama di diagonali incrociate che, insieme all’uso sapiente del colore, suscitano quel senso di
movimento che non viene mai meno, anche nei dipinti di figure singole. Il Preti dimostra una perfetta
preparazione nel disegno, nell’anatomia e nella prospettiva varia ed originale, sia delle membra che
dei volti, accentuandone l’espressione; volti e figure che spesso ci ricordano uomini e donne della sua
terra natia.
La pittura del Nostro si distingue per la morbidezza delle pennellate, esse tolgono rigidità al “contorno
netto delle forme” senza perdere niente della perfezione del disegno; tutto ciò dà una luce
interna all’incarnato partendo dall’argenteo biancore dei primi piani per sfumare, poi, nel dorato e
nell’infiammato dei successivi. Egli si avvale di tutti i colori, ma col tempo la sua tavolozza si compone
sempre più di poche tonalità, fino ad arrivare molto vicino ad un mono-cromatismo utile all’espressività
delle figure. Nei chiaroscuri lampeggianti non c’è l’artificio del virtuoso ma una scelta poetica
cosciente per sottolineare le parti più significanti del soggetto trattato.
Nel corrente anno (2017) Taverna, nel suo civico museo, ha voluto allestire una splendida mostra
mettendo a confronto: Mattia Preti, calabrese di Taverna, con F. Barbieri, detto il Guercino, emiliano di Cento. Entrambi ci ricordano non soltanto il loro talento, la loro maestria e la loro dedizione alla
ricerca del “bello”, ma anche la loro proficua affinità artistica.
Voglio chiudere con una citazione del grande scrittore GAUTIER, suo contemporaneo estimatore
ed ammiratore: “Ciò che vi è di scienza, di abilità, d’ingegno e di maestria in questa colossale pittura,
di cui si parla poco, è veramente inimmaginabile!” Ma la frase più commovente, a prova della sua
umiltà e grandezza d’animo, pare l’abbia detta egli stesso nell’ultimo anno della sua esistenza: “Mi
dispiace di morire perché sono sicuro che d’ora in poi avrei potuto fare qualche buon quadro.”


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