Data: 31/12/2009 - Anno: 15 - Numero: 3 - Pagina: 45 - INDIETRO - INDICE - AVANTI
IL DIZIONARIO DI ENRICO ARMOGIDA PRESENTATO A MILANO |
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AUTORE: Maria Gallelli (Altri articoli dell'autore)
A pochi passi dal duomo di Milano, nella sede del circolo filologico di via Clerici, il 3 dicembre scorso è stato presentato il dizionario andreolese-italiano di Enrico Armogida, Rubbettino Editore. Un’opera di oltre 1300 pagine, frutto di un impegno trentennale, che ha visto la luce nel 2008. In una serata tranquilla e fresca come tante, la grande sala con parquet ha raccolto circa un centinaio di persone, qualche volto noto della vita politica provinciale e regionale calabrese, molti calabri-lombardi nati a Sant’Andrea Apostolo dello Ionio, che, residenti a Milano, si raccolgono nell’A.M.A., l’Associazione Milanese degli Andreolesi, curatrice dell’organizzazione dell’evento. Il professor Armogida sedeva alla cattedra dei conferenziari: cravatta, giacca, grandi occhiali, la stessa aria pacata che lo ha accompagnato per anni tra le classi del cadente palazzo a più piani, vecchia sede del liceo scientifico di Soverato. A fianco a lui Salvatore Mongiardo, scrittore e saggista suo conterraneo, che ha avviato la presentazione del volume con partecipata passione: «Enrico coltiva ancora la terra paterna, abbarbicato nel paese natio». Chi ha lavorato o visto lavorare gli artefici di un dizionario non può non provare un misto di ammirazione e sgomento, per la loro pazienza certosina, gli anni trascorsi ad ascoltare, a leggere, a chiedere, a selezionare, a ordinare. Chi invece studia opere di questo tipo, aggiunge ai sentimenti l’analisi. Tra gli esperti della serata John Trumper, ordinario di Glottologia e Linguistica Generale dell’Università della Calabria ed Emanuele Banfi, ordinario di Linguistica generale e Istituzioni di Linguistica storica presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Il professor Trumper in particolare, voce scura, ha parlato di «un’opera interessante, anche perché non elimina, ma ospita i lemmi troppo vicini all’italiano. Segue inoltre la scia di Accattatis e Padula, quella delle piccole monografie». Il dizionario parte infatti dal lemma per aprirsi sul mondo fatto di proverbi, canti, favole, aneddoti, giochi, filastrocche, derivati, allotropi e omonimi: una mole sterminata, che arriva persino ad affiancare a “fimmana”, ad esempio, l’analisi della condizione della donna nel mondo contadino. Pagine che a fatica si consultano, piuttosto si leggono. «Un’opera che restituisce alla storia meridionale la grande dignità morale che le spetta», ha spiegato l’autore, perché «la parola è veicolo dell’anima». E del mondo contadino destinato a scomparire insieme ai suoi oggetti e alla sua lingua, che qui rimane disegnata. |