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Data: 30/09/2004 - Anno: 10 - Numero: 3 - Pagina: 6 - INDIETRO - INDICE - AVANTI

MEMORIE BRUZIE NEL GOLFO DI SQUILLACE

Letture: 992               AUTORE: Ulderico Nisticò (Altri articoli dell'autore)        

Quando Dionisio di Siracusa e gli Italioti si affrontarono nella guerra che, nel 388-6, culminò con la battaglia dell’Elleporo e la distruzione di Reggio, Ipponio e Caulonia (Monasterace) e forse anche di Scillezio, questi eventi sortirono l’effetto di turbare ogni assetto dell’Italia Meridionale.
Fu lo stesso Dionisio ad allearsi con i Lucani e a scagliarli contro i Greci, per quanto troppo tardi si accorgesse dell’errore, e tentasse addirittura di scavare un canale nell’Istmo per fare del “Cersoneso di Reggio”, oggi la Calabria Meridionale, un’isola e tenere lontani gli Italici. Ma, istigandoli alla guerra e assoldandone molti come mercenari, suscitò un inarrestabile disordine in tutto il Mezzogiorno.
In questo sommovimento generale, accadde che, l’anno 356, sorgesse alla luce della storia un popolo italico nuovo, quello dei Bruzi. Sulla loro origine, la tesi di Dionigi e Strabone è che fossero degli “schiavi fuggiaschi” dei Lucani, divenuti liberi e costituitisi in Confederazione. La parola Brettioi, Bruttii dei Latini, verrebbe così, anche secondo dei moderni, messa in relazione con la radice indoeuropea bry, che significa liberi.
Non manca la tesi di una assai maggiore antichità dei Bruzi, tuttavia non so come fondata.
Divenuti comunque uno Stato e alleatisi con i loro antichi signori i Lucani, i Bruzi si scagliarono sulle decadute città greche. Presero Terina; e Ipponio, che chiamarono Veipun, Veipunium; e la presunta Teura, dove oggi è Tiriolo; e si scontrarono con Crotone e Locri. La poetessa Nosside canta una vittoria del suo popolo contro i barbari:
VI 132
I Bruzi dalle loro misere spalle gettarono le armi
mentre venivano fatti a pezzi dai rapidi Locresi,
e, cantando il loro valore nel tempio degli dei,
non provano nostalgia delle braccia di quei vili, che abbandonarono.
Ma sono i Bruzi a segnare i maggiori successi contro i sempre più deboli Elleni. Essi chiamano in soccorso lo spartano Archidamo, che viene sconfitto; e Alessandro Molosso, che arriva a prendere Cosenza, ma viene battuto e ucciso dai Bruzi presso un fiume dal lugubre nome di Acheronte.
Quando i Tarantini chiamano Pirro, si crea per un momento una strana alleanza di Greci e Italici, ma Roma ne ha ragione; nel 275 viene celebrato il trionfo sui Lucani e sui Bruzi. Questi cedono ai Romani gran parte della “Sila”, l’intero sistema montuoso calabrese.
L’ultima resistenza dei Bruzi è la loro alleanza con Annibale. Quando questi lascia il Bruzio, nel 202, stermina gli stessi suoi alleati italici che si rifiutano di seguirlo in Africa. Questo colpo, e la successiva conquista romana, sono anche la fine politica dei Bruzi. Essi diventeranno, come tutti gli Italici, dei Romani. Ma alcuni nomi che emergono dalle nebbie del passato in forma latina sanno di bruzio: il Trebias di Tiriolo; quel Quinto Patulcio che compare in un epigrafe di Scolacio; quel Tito Volturcio di Crotone che partecipò fugacemente alla congiura di Catilina, hanno nomi di un certo colorito bruzio. Ed anche Ponzio Pilato ha un nome osco: il cognome Pilato è ancora diffuso a Cosenza.
Per quel che ci riguarda più da vicino, una necropoli bruzia si trova tra le rovine di Caulonia, prova di un insediamento stabile. Nulla ci dice, per ora, l’archeologia su una presenza bruzia a Scolacio, ma una riflessione linguistica induce a pensare ad un passaggio tra l’antica forma ionica di Skylletion, attraverso la forma dorica Skyllation, al latino Scolacium, ma con una forma intermedia bruzia come Skollat...: come da Ipponion al latino Vibo Valentia si passa attraverso una voce bruzia Veip...
E comunque erano stati per molto tempo bruzi Teura e l’ager Teuranus, così vicini a Scolacium.


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