Data: 30/04/2021 - Anno: 27 - Numero: 1 - Pagina: 15 - INDIETRO - INDICE - AVANTI
NAPOLEONE, DUECENTO ANNI FA. |
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AUTORE: Ulderico Nisticò (Altri articoli dell'autore)
Il 5 maggio 1821 moriva, o finiva di morire nel suo malinconico ozioso esilio, un uomo che aveva riempito di sé la storia, e senza il quale non saremmo, nel bene o nel male, quello che siamo. È ora di rispondere alla domanda manzoniana: fu vera gloria, quella di Napoleone? Se guardiamo alle sue gesta, egli rivoluzionò la guerra, che era, nel secolo precedente, più simile a una parata che a un conflitto. Addestrò e animò i soldati, li armò modernamente, li condusse ad azioni dalla massima rapidità, per quei tempi; ottenne sul campo luminose vittorie: Lodi, l’Egitto, Marengo, Austerlitz, Jena. Se però dobbiamo trarne un bilancio, gli ultimi anni furono un fosco elenco di pesanti sconfitte. La Russia fu invasa con un esercito troppo numeroso se davvero si credeva a una vittoria facile; e troppo piccolo per tenere sottomesso un popolo che eroicamente si oppose; e l’avanzata divenne disastrosa fuga. La battaglia di Lipsia fu la fine dell’illuminismo razionalistico, annientato dai miti idealistici e romantici della Germania, e l’inizio della fine di Napoleone; Waterloo, la fine. Se dobbiamo giudicare Napoleone come condottiero, le sue sconfitte superano di gran lunga le vittorie: e attenti agli storici francesi, che, sempre nazionalistici, esaltano queste e scordano quelle, o cercano pretesti di pioggia nella notte, e altri che non dico perché poco eleganti, al fine di spacciare Waterloo per un mezzo trionfo. E non tentate di spiegare loro che Napoleone Buonaparte (Bonaparte, in Francia) era un corso di origine toscana, diventato legalmente francese per essere nato pochi mesi dopo che Genova aveva venduto l’isola a Luigi XV. Con lo sciovinismo transalpino non si ragiona. Non basta. Napoleone, come Annibale, e, nel suo piccolo, Rommel, era un grande tattico, ma non si capisce quale fosse la sua strategia; ed era troppo debole per mare di fronte alla potenza britannica. Non fu dunque il dio Marte ad assicurargli la vera gloria, ma piuttosto la politica. L’Europa quale la conosciamo è quella disegnata da Napoleone. Prima di lui, restavano tantissimi assetti del Medioevo: la Germania era divisa in 360 entità statali, ciascuna con sue leggi, o piuttosto consuetudini antichissime e obsolete; e anche in Italia le istituzioni erano molto più frammentarie che non mostrino le cartine storiche; e a Madrid c’era un re “delle Spagne”, divise in tantissimi Regni semiautonomi… Dovunque Napoleone impose il suo dominio militare, sotto qualsiasi forma diretta o di vassallaggio, impose anche la “legge uguale per tutti”, che è un concetto territoriale prima che personale. Gli Stati formati dal 1814-5, mentre si dichiaravano “restaurati”, si guardarono bene dal restaurare alcunché degli antichi feudi e principati e vescovi principi e conventi sovrani, e risultarono tutti centralisti e unitari come oggi intendiamo lo Stato. Centralisation administrative, sta scritto tra i meriti della tomba di Napoleone. Ogni Stato venne strutturato con un governo centrale e le diramazioni provinciali dei ministeri (provveditorati, ufficio provinciale del Tesoro… ), senza alcuna particolarità per nessun territorio o ceto. Ciò ha effetti sul diritto penale, valido ugualmente in tutto il territorio; e soprattutto sul diritto civile, che è fondato sulla famiglia patriarcale come cellula, in verità molto più economica che morale, della società. Il diritto di famiglia, in tutta Europa, è stato modificato, come sa chi non è più tanto giovane, appena da una trentina d’anni. Ecco cosa davvero rimane di Napoleone. Fece qualcosa per il Meridione d’Italia, Napoleone? Nel 1798, mentre egli era in Egitto, un suo esercito attaccò Napoli, vi impiantò una molto nominale Repubblica Partenopea, fu ricacciato pochi mesi dopo dalle Masse di Santa Fede del cardinale Ruffo di Calabria. Dopo qualche anno di tregua, il Masséna conquistò il Meridione; e Napoleone creò re il fratello Giuseppe. Questi concesse una costituzione “di Baiona”, che, come tutte quelle bonapartiste, rimase un foglio di carta, e chi la chiese finì fucilato; abolì i feudi; istituì moltissimi Comuni: in Calabria, tra lui e il successore, l’esagerato numero di 409, oggi solo 404!!! Ed è uno dei nostri peggiori problemi, se volessimo ben governare il territorio. Nel 1808 Napoleone trasferì Giuseppe primo re “di Spagna”; rispettò i trattati del 1737, e, da buon conoscitore della storia e della geografia, l’identità del Meridione, separando i troni e creando re di Napoli il cognato Gioacchino Murat. Questi varò riforme napoleoniche con un regime centralista; mise mano ad opere pubbliche; formò rapidamente una classe dirigente militare e civile tratta dalla borghesia e nobiltà indigene, e costrinse i generali francesi a prendere la cittadinanza napoletana: l’imperiale cognato iniziò a guardarlo con un certo sospetto. Mentre combatteva i valorosi insorti calabresi, Murat inviò in Spagna truppe a Napoleone; partecipò all’invasione della Russia e alla battaglia di Lipsia, affidando l’esercito meridionale a Florestano Pepe con il fratello Guglielmo e Ambrosio, Arcovito, Rosarol, Colletta, Filangieri... Tentò poi di allearsi con Londra e Vienna, e attaccò il Regno napoleonico d’Italia. Mosse guerra all’Austria, venendo sconfitto a Tolentino; e il 13 ottobre 1815 fucilato a Pizzo, probabilmente tratto in inganno, come ha spiegato il Durante in Napitia 2. Sul campo di battaglia fallì dunque anche Murat, ma i Borbone, tornati sul trono, si dovettero intendere con i murattiani, e conservarono le riforme del morto re francese. E ancora fino al 1848, molti pensavano che un esercito italiano potesse essere guidato solo da generali meridionali di scuola murattiana; e i Veneziani si affidarono a Guglielmo Pepe. Poi le cose presero un’altra felice strada. La storiografia meridionale ha dunque motivo di interrogarsi se anche a Sud ottenne vera gloria Napoleone. Giudicate voi. |