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Data: 31/03/2006 - Anno: 12 - Numero: 1 - Pagina: 10 - INDIETRO - INDICE - AVANTI

POPOLO CALABRESE

Letture: 1031               AUTORE: Giovanni Balletta (Altri articoli dell'autore)        

Evidenzio sempre che occorre a noi calabresi prendere l’esatta coscienza delle nostre comuni ed antiche radici, perché solo cosi potremo incidere positivamente sul futuro politico ed economico della nostra regione: ci riusciremo solo muovendoci compatti quale “Popolo Calabrese” e non invece come accozzaglia di paesanoti perennemente in diatriba reciproca.
Mi piace sottolineare che le migliori analisi di una nostra identità culturale calabrese provengono costantemente da studiosi di altre popolazioni italiane ed estere e nel contempo mi spiace fortemente che non provengano dalla nostra cultura. Negli ultimi tempi ho accennato all’importanza che ha avuto il prof. Gerhard ROHLFS, il grandissimo glottologo di fama internazionale scomparso nel 1986, che è definito da Vincenzo Squillacioti, responsabile culturale della trimestrale rivista LA RADICE di Badolato, “il più calabrese dei figli di Germania” ma, aggiungo io, culturalmente anche più calabrese di tanti calabresi. Il Rohlfs ha avuto con il nostro parlare dialettale un approccio ed un amore mai mostrato da nessun altro. I suoi studi linguistici, studiati in tutto il mondo, sono serviti a fare capire l’importanza storica della Prima Italìa (l’antica nostra Calabria), ed invito i lettori a leggere la dedica che egli ha fatto sui suoi tre dizionari -il primo è quello Dialettale della Calabria- «A Voi fieri Calabresi… che accoglieste me ospitali..... infaticabilmente cooperando..... dedico il tesoro..... del vostro nobile linguaggio».
Provai brividi alla schiena quando lessi per la prima volta questa dedica, di un tedesco poi, alla nostra popolazione calabrese; e -mi chiedevo- perché proprio a noi la dedica di un libro? Cosa avevamo fatto per meritare la stima di un tedesco, noi che ci auto-consideriamo i paria dell’Italia, all’ultimo posto di ogni classifica?
Vi prego di riflettere su questo fatto: i migliori apprezzamenti del nostro modo di essere, e di essere stati, provengono da letterati forestieri, da francesi quali il Lenormant, da veneziani quali Casanova, dai viaggiatori inglesi e dai tedeschi ivi incluso il Momsen. Anche l’archeologo Paolo Orsi proveniva da regioni lontane, ma qui in Calabria trovò il modo di acquisire rinomanza con le sue ricerche archeologiche, alla pari dell’inglese Arthur Evans che scavò a Creta.
Voglio raccontare come Gerhard ROHLFS si legò alla cultura calabrese. Le notizie, che avevo tanto cercato, le ebbi leggendo il libro postumo di Salvatore Gemelli “G. Rohlfs, UNA VITA PER L’ITALIA DEI DIALETTI”, quella copia mi fu regalata proprio dai figli di Rohlfs, venuti in Calabria nel luglio 2002 per partecipare all’intitolazione della Piazza antistante le Scuole di Badolato Marina al loro grande padre, ed opportunamente avevamo fatto coincidere la manifestazione nel mese in cui ricorreva il 110° anniversario della nascita del filologo “tedesco di Calabria”.
Il Rohlfs nel corso delle vacanze pasquali del terzo anno dei suoi studi universitari, anno accademico 1913-14, fece il suo primo viaggio in Italia nel corso del quale ebbe “non soltanto un immenso stimolo spirituale, ma decise virtualmente il mio cammino accademico”. Pochi mesi dopo si trovava soldato nelle trincee francesi, e nel 1915 anche l’Italia entrava in guerra. Egli riuscì a far tesoro dei colloqui con uno stragrande numero di prigionieri, con i quali iniziò una serie d’umane interviste finalizzate alle sue ricerche linguistiche e filologiche e, a pagina 68 del libro sopra citato, il Rohlfs stesso dice: “Potei interrogare soldati piemontesi, genovesi, friulani, napoletani, siciliani. Fu particolarmente interessante per me il contatto con soldati calabresi, i quali con grande gentilezza rispondevano alle mie domande. Con tali ricerche fu consolidata in me l’impressione che la Calabria dialettale doveva essere un campo di importanti ed interessanti ricerche: una terra linguisticamente vergine e piena di grandi promesse.”
Finita la guerra quest’Uomo, ogni anno per oltre sessant’anni percorse in lungo ed in largo i nostri paesi, fino a parlare il calabrese di ogni zona visitata, e dandoci la consapevolezza di una nostra dignità culturale autonoma, ed il riconoscimento mondiale del valore della nostra lingua.
Ad oggi, purtroppo però, mi risulta che due paesi calabresi, uno dei quali è proprio Badolato, abbiano sentito la necessità morale di ricordarlo intestandogli un luogo pubblico!


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