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Data: 30/06/2006 - Anno: 12 - Numero: 2 - Pagina: 41 - INDIETRO - INDICE - AVANTI

RICORDI “VOGLIAMO I FORNI”

Letture: 1134               AUTORE: Francesco Caporale (Altri articoli dell'autore)        

(Forse è ora di rinunciare: non si possono inseguire sempre le nuvole! Sono circa trent’anni che avvertiamo l’esigenza che venga scritta la storia “politica” di Badolato, del ventesimo secolo in particolare. E ne parliamo un po’ ovunque e con chiunque. E non manchiamo neanche di scriverne, quando più forte ne avvertiamo l’urgenza. Ma questa storia non è stata scritta. Per colpa di chi? Io non lo so. Forse mia. Forse nostra. Bisogna dire, a onor del vero, che un risultato s’è avuto, alcuni anni fa (nel 2000), con la stampa della storia politica di Badolato degli ultimi due secoli. Un libro pregevole, in verità, voluto e stimolato anche da “La Radice”, almeno nella fase iniziale dell’iter di realizzazione. Ma non è la storia calda e vibrante e sofferta della gente di Badolato, del contadino, dell’analfabeta, dell’artigiano, della sofferenza di chi, sfinito dalla fatica e grondante sudore e sangue, scendeva nella pubblica piazza a sfidare le Forze dell’ordine, le Autorità costituite, talvolta lo scherno e il disprezzo di chi era dall’altra parte della barricata. All’inizio del secolo ventesimo come nel noto Ventennio, nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale com anche un po’ più tardi. Non spetta a noi dire se avessero torto o ragione quelli che erano al di qua della barricata o quelli che erano al di là, o quanto torto e quanta ragione avessero giacchè “il torto e la ragione non si separano mai con un taglio così netto che l’una parte non abbia almeno un poco anche dell’altra”. E' un libro veramente importante quello del professore Antonio Gesualdo, un libro che non dovrebbe mancare in nessuna casa di Badolatesi, un libro da consultare e da custodire gelosamente: non v’è dubbio. Ma l’esigenza di trasmettere ai posteri le pulsazioni di cuori appassionati alla lotta sociale per il riscatto di un popolo è rimasta inappagata. E intanto sono scomparsi tutti (?) i protagonisti-memoria storica di un periodo in cui sono state create alcune delle basi di un presente che ormai è alle nostre spalle.
“La Radice”, da sempre attenta anche al recupero di avvenimenti storici abitualmente trascurati dalla storiografia ufficiale, ha più volte portato alla luce segmenti d’impegno e di lotta civile che hanno caratterizzato in qualche modo la storia del popolo badolatese.
Questa volta abbiamo il piacere di offrire ai nostri lettori il racconto, senza fronzoli e senza esaltazioni, di un Badolatese, l’amico Francesco Caporale (Scìfolu) che, ancora quindicenne, nel 1955 partecipò, da protagonista, allo sciopero di richiesta della costruzione dei forni pubblici in Badolato Marina: un’altra pagina di microstoria, scritta per noi e per quelli che verranno.)

RICORDI “VOGLIAMO I FORNI”

Correva l’anno 1955, una sera d’estate ci fu una piccola assemblea di partito del Pci, relatore era Giuseppe Samà funzionario della federazione di Catanzaro. I cittadini partecipavano spontaneamente a queste assemblee anche se erano del partito avverso. La sede della sezione del PCI era in via traversa Nazionale II n° 9 . La stanza era gremita a zeppo, fuori nel largo marciapiede la gente si stringeva sempre più numerosa ad ascoltare il compagno Samà: ordine del giorno era di uscire in strada a protestare chiedendo che VOGLIAMO L’ACQUEDOTTO ! ! ! , VOGLIAMO I FORNI PER FARE IL PANE, VOGLIAMO LAVORO, BADOLATO AFFAMATO CHIEDE PANE E LAVORO.`CA
Bisognava preparare i cartelloni con le scritte. Il segretario di sezione di Badolato M. era Vincenzo Guarna (alias... Cenzu u voscu), ordinava a noi ragazzi di reperire pezzi di cartone che servivano per fare i cartelloni. La mattina seguente, per fortuna bella giornata, mese d’estate, siamo scesi in strada richiamati dal suono di un tamburo di latta suonato da una donna anziana, la Signora Anna Leuzzi: con il suono del suo tamburo la gente veniva avvisata di scendere in strada. Iniziammo la marcia lungo la litoranea verso le 9:00. Arrivati tra Isca e S. Andrea ci fermarono i carabinieri, io sono stato afferrato da un carabiniere che mi strappò il cartellone che portavo con la scritta “Vogliamo il Cocipana, vogliamo l’Acquedotto”, mentre il maresciallo Catanzariti prendeva nota dei nomi dimostranti. Gli organizzatori dello sciopero si diedero alla fuga e siamo rimasti in pochi, solo quelli con i cartelloni. Il maresciallo mi portò in caserma che era a Badolato Superiore interrogandomi assieme al brigadiere Trimarchi: volevano sapere da me chi erano gli organizzatori, chi erano i capi dello sciopero, io rispondevo che non c’era nessun capo che eravamo tutti capi perchè ne avevamo tutti bisogno. Il maresciallo si arrabbiò, mi chiuse in camera di sicurezza `CAper quasi mezza giornata. A sera venne mio padre a prendermi perchè ero minorenne, così a notte, con la luce della luna siamo scesi di nuovo in marina dove siamo arrivati tardi (circa mezzanotte). Sentivo le sbarre del passaggio livello che si chiudeva: passava il treno della mezzanotte. Stanco e affamato mi sdraio sul mio lettino addormentandomi felice e contento di aver partecipato a un importante sciopero.
Badolato era allora considerato roccaforte del partito comunista per le sue lotte. Il Prefetto mandò quatrocentomila lire (400.000 lire) al Sindaco: questi soldi furono assegnati ai capi famiglia residenti a Badolato Marina. Subito dopo inziarono il lavori per costruire i forni per cuocere il pane. Poco dopo iniziarono l’aquedotto. Lo sciopero aveva dato i suoi risultati. Così la cittadinanza riuscì ad usufruire di un bene necessario.
Le lotte sono continuate anche per altri motivi: il PCI organizzava e i cittadini rispondevano parecipando alle assemblee.
Francesco Caporale
Il Dimostrante

RICORDI “VOGLIAMO I FORNI” - Francesco Caporale

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