Data: 31/03/2007 - Anno: 13 - Numero: 1 - Pagina: 20 - INDIETRO - INDICE - AVANTI
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AUTORE: Antonio Fiorenza (Altri articoli dell'autore)
Figura particolare di Uomo che ride!, un personaggio tutto sui generis, questa di Rosarihru e Tropinu, bene impressa nella memoria dei Badolatesi della mia generazione, per il suo riso, un riso convulsivo, di non precisata origine. (Di padre iscano e di madre badolatese, nato a Badolato il 24.6.1893 e morto a Girifalco -al manicomio- il 30.9.1961; ndd). Volendo azzardare unipotesi, in assenza di una diagnosi, il caso in specie, -capriccio della genetica!- troverebbe nella letteratura medica una spiegazione in una lesione o mancato sviluppo di una sfera del cervello, che regola il controllo di questo atteggiamento altamente espressivo di uno stato di ilarit delluomo. Basso di statura e magro, di colorito bruno, capelli lisci e brizzolati -cos lo ricordo, ancora-, Rosario visse nella prima met del secolo scorso, mediamente negli anni trenta e quaranta, a cavallo tra le due guerre mondiali, sempre a Badolato, a tutti noto per la sua ilarit incontrollata, che attirava soprattutto la curiosit di noi ragazzi, quando lo incontravamo alluscita di scuola. Per nulla sviluppata la parte razionale, accentuato il senso dellorientamento, si regolava negli spostamenti, aggirandosi per le vie del paese, soprattutto nei pressi del rione San Nicola e Santa Maria, sempre oggetto di attenzione per questo evidentissimo difetto, preso di mira, il pi delle volte, da parte di alcuni giovinastri, che amavano prendersi gioco dellinfelice, provocandolo nel goffo atteggiamento, perch Rosario, se stuzzicato, esplodeva in una spasmodica risata. Il suo riso convulso, non controllato, sempre pi crescente, andava accentuandosi, fino a raggiungere il picco, scemando, quindi, gradualmente, per ripetersi, con frequenza, con la solita mimica facciale per lo stiramento delle labbra e costrizione degli occhi. Non aveva parenti o se anche lavesse, era come se non ci fossero, perch nella disgrazia, nel passato, ognuno si teneva alla larga, per una forma di ostinazione ad accettare il diversamente abile, provando quasi vergogna per lappartenenza al ceppo familiare! Dormiva in un magazzino, un basso terrano, in via Duca degli Abbruzzi, uno stabile senza finestre, sotto la sacrestia della Chiesa di Santa Maria. Anche se non andava mendicando, riusciva lo stesso a procurarsi il necessario e di che vivere, grazie alla generosit di alcune famiglie che, affezionate, gli fornivano un piatto caldo ed anche degli indumenti, ospitandolo a casa, a mezzogiorno e alla sera. A distanza di tempo, mi sembra di vederlo ancora, gesticolare in quel suo atteggiamento ed un certo sentimento di compassione mi tocca il cuore, pensando quanto sia stata avara la Sorte e, in un certo qual senso, sadica la Natura, nel fare nascere un soggetto del genere: ma, tutto sommato, cest la Vie! |