Data: 30/06/2005 - Anno: 11 - Numero: 2 - Pagina: 11 - INDIETRO - INDICE - AVANTI
Letture: 1422
AUTORE: Vincenzo Squillacioti, Mario R. Gallelli (Altri articoli dell'autore)
Chiunque conosca sia pure sommariamente la storia economica di Badolato sa che la sua marina produceva decine di migliaia di quintali di pesche pregiate (d’agosto) che finivano, quasi tutte, sui mercati e nei conservifici (es.: Cirio, Arrigoni) di Catania, di Palermo e di Napoli. Così sino alle alluvioni del 1951, poi altra storia. I laboriosi contadini badolatesi, uomini e donne, adulti giovani e bambini, raccoglievano le pesche nella piccola e ubertosa pianura della marina, e con gli asini o sulla testa le portavano ai centri di raccolta dislocati lungo la S.S. 106 e la ferrovia. Uno di tali centri era nei pressi della sorgente di Frascà, nella zona, all’incirca, ove ora si trova il negozio di ferro e cemento di Garretta (Scalo dei pescheti. Chissà perché dei pescheti e non delle pesche!) In tale centro acquistava pesche, e le pagava in giornata, a sera, Vincenzo Parretta detto Giosi, che aveva collaboratori in Ciccio Peronace, o in Bruno Naimo, o in Pasquale Piroso. Altro centro di raccolta, sempre di Vincenzo Parretta, era nei pressi del casello ferroviario di Cardàra. Acquistavano anche altri, ovviamente: Domenico De Rosi, Ciccio Pultrone, Salvatore Staiano. E i centri erano dislocati un po’ dappertutto: nel palazzo Paparo (oggi rivendita sali e tabacchi), nei pressi della stazione (oggi farmacia), a Rosàcina, al Lacco,… A portare via la pregiata merce centinaia di vagoni ferroviari, con 80/100 quintali ciascuno. C’è chi dice che sino a circa trent’anni fa in uno dei mercati alimentari di Catania resisteva ancora una tabella su cui c’era scritto: “Pesche di Badolato”. |