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Data: 30/06/2003 - Anno: 9 - Numero: 2 - Pagina: 13 - INDIETRO - INDICE - AVANTI

SUA MAESTÀ LA PASTIERA

Letture: 1048               AUTORE: Raffaella Boccacciari (Altri articoli dell'autore)        

(Ci scusiamo con la Signora Raffaella, nostra collaboratrice per la seconda volta, per non aver potuto pubblicare questo suo “squisito” pezzo nel n° 1/2003, in prossimità, appunto, del periodo pasquale, ma eravamo già pronti per “andare in stampa”. Lo facciamo adesso, convinti, in ogni caso, che ogni periodo può essere adatto per leggere cose buone, gustose e, soprattutto, positive.)

Poter parlare di Napoli senza rischiare di cadere nel retorico o nel banale è quantomeno difficile. Su questa città tanto chiacchierata e tanto esaltata, si sono spesi fiumi d’inchiostro da Francesco Mastriani a Matilde Serao e a moltissimi altri non meno importanti. Non ultimo Curzio Malaparte che, nel suo libro “La Pelle”, ha saputo parlare di questa città in maniera stupenda sia pure con crudezza di immagini purtroppo reali. Io, figlia di questa terra , vorrei soffermarmi timidamente su qualche piccola curiosità. A Napoli, nel periodo pasquale è di rito mangiare la Pastiera, dolce tra i più squisiti, fatto essenzialmente di ricotta uova e grano ammollato. Un tempo era chiamata pastiera una sorta di frittata di maccheroni, più o meno elaborata, che arricchiva la mensa dei poveri e solo più tardi assurgeva a regina dell’arte dolciaria conservando di questo piatto l’elemento base che per l’appunto è il grano. Nel giorno di Pasqua non manca mai sulle tavole e le massaie più esperte preferiscono prepararla con le proprie mani poiché, quella fatta in casa, di solito è più buona. Altra prerogativa della pastiera è l’acqua di “Millefiori” che la rende inconfondibile. Mentre cuoce, l’esalazione di questa essenza pervade le strade cittadine mescendosi agli effluvi primaverili, al profumo delle sue primizie e a festosi rintocchi di campane. È come una linfa vitale che fa dimenticare il grigiore dell’inverno e i suoi malanni. Gli stranieri in giro per la città durante la Settimana Santa, ne fanno grosse scorpacciate. Naturalmente Napoli non offre ai suoi visitatori solo “abbuffate” di dolci, pizze e pietanze caratteristiche. Non è, come molti credono, un paese ridanciano dedito solo a bagordi ed espedienti, quale custode di un retaggio di abitudini borboniche. Napoli è città dai mille volti e dalle mille contraddizioni. È geniale e verace, è terra di miti e leggende, culla di artisti e uomini illustri, di antiche tradizioni e bellezze naturali. Al di là dei suoi ibridi, degli orrori dei suoi vicoli malfamati, al di là di mani protese e occhi smarriti, Napoli sa risorgere sempre come un Cristo a nuova vita esorcizzando i dolori, non ancora assopiti di città martoriata da guerre e regimi passati. È come un’amante che ferisce e risana in un gioco di luci ed ombre, regalando al turista stupito albe di fuoco e languidi pleniluni dal verde collinare del Vomero al suo mare di smeraldo e opale, dal monte Echia al Parco Virgiliano, da Santa Lucia a Marechiaro, dove posteggiatori e pescatori intrecciano canti e sciabiche esalanti salsedine. E mentre dai quartieri spagnoli incombe e strombazza il “Pazzariello”, sul lungomare un Pulcinella occasionale balla la Tarantella e… Piange sotto la sua maschera beffarda!


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