Data: 30/06/2006 - Anno: 12 - Numero: 2 - Pagina: 33 - INDIETRO - INDICE - AVANTI
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AUTORE: Mario Ruggero Gallelli (Altri articoli dell'autore)
Quasi sempre, una volta, il gruppo di ragazzi che si accingeva a praticare un gioco era composto da soli uomini o da sole donne: la promiscuità era tacitamente bandita. Non solo, ma alcuni giochi tipicamente femminili erano addirittura considerati frustranti per i ragazzi e non si vedeva quasi mai un maschietto giocare “ahr•! ipetrùhr!i” o “a zopp’a nnannca”. Tantomeno “a ccampàna”, uno dei “jochi ’e fimmanèhr!i” più diffuso. Per iniziare questo gioco, dopo aver formato il gruppo di giocatrici si procedeva col realizzare, in uno slargo della “ruga”, “a campàna”. Si tracciavano dei quadrati con il lato di 30/40 centimetri, incastonati a scacchiera, usando un gessetto bianco proveniente dalla scuola, distrattamente messo nella tasca del grembiule al mattino e ritrovato -casualmente, per l’occasione- nel pomeriggio. Su un lato del primo quadrato (numero uno), affiancati e centrati, ne venivano disegnati altri due (numeri due e tre) e su questi un altro (numero quattro), corrispondente al primo, sovrastato a sua volta da altri due quadrati (numeri cinque e sei), paralleli alla coppia precedentemente tracciata. Prendeva così forma la campana. A questo punto non restava che “jettàra ahr!u toccu” (stabilire l’ordine di partecipazione) e cominciare. La giocatrice prescelta si poneva al bordo della casella numero uno, pronta per lanciare al suo interno un pezzetto di “stracia” (un coccio), da recuperare, poi, saltellando con una sola gamba dentro il riquadro. Si proseguiva con un salto a gambe divaricate all’interno delle caselle due e tre, seguito da un altro saltello su un solo piede verso la casella numero quattro e così via negli altri riquadri, fino al termie del percorso. Si ricominciava, allo stesso modo, lanciando la ‘stracia’ nella casella numero due e recuperandola durante il cammino. Il gioco proseguiva fino a quando la concorrente non commetteva l’errore di lanciare la ‘stracia’ al di fuori della casella destinata oppure, quando in equilibrio su un solo piede, poggiava a terra l’altra gamba. Era penalizzante anche calpestare la riga di una qualsiasi casella durante il percorso. In questi casi il turno passava alla giocatrice successiva. Vinceva colei che riusciva a ripetere più volte il percorso nell’arco di tempo stabilito.
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