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Autore:Mario Ruggero Gallelli     Data: 30/04/2019  
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Data: 31/12/2009 - Anno: 15 - Numero: 3 - Pagina: 38 - INDIETRO - INDICE - AVANTI

A PROPOSITO DI MUSEO

Letture: 1067               AUTORE: Franco Vallone (Altri articoli dell'autore)        

(Noi non siamo d’accordo con chi sostiene che creare un Museo significhi mummificare, la realtà,
la storia. Riteniamo, invece, che un Museo possa costituire uno strumento forse tra i più efficaci per
recuperare il passato e additarlo ai presenti, perché ne ricevino non soltanto godimento culturale ma
anche stimoli di riflessione sulla realtà di ieri, per rapportarla con la presente e trarne indicazioni per
progettare un futuro possibilmente migliore. Ecco perché, specialmente in questi ultimi tempi,
andiamo dicendo e scrivendo di un Museo diffuso che possa anche porsi come mezzo di crescita e di
sviluppo. Tra i tanti musei ormai realizzati nelle nostre città e nei nostri paesi, c’è anche la raccolta
“Le Stanze della Luna”, creata dall’amico giornalista e nostro collaboratore Franco Vallone. Questo
Museo “speciale” è oggi al Vittoriano: leggiamone.)

Roma, aperto il Mei, Museo dell’Emigrazione Italiana, la raccolta de “Le Stanze della Luna”
di Vibo Valentia esposta nel Complesso del Vittoriano.
Ci sono voluti quasi tre anni per realizzare, nei 400 mq della ex Gipsoteca dell’Altare della Patria,
il Museo dell’emigrazione italiana (Mei), che venerdì 23 ottobre ha aperto i battenti nel complesso
del Vittoriano alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e del Presidente della
Camera Gianfranco Fini, accompagnati dal Ministro per i beni culturali, Sandro Bondi e dal
Sottosegretario agli esteri Alfredo Mantica. Da ora in poi, anche se a livello locale i numerosi musei
sull’emigrazione continueranno a ricordare i migranti di una data area geografica, ci sarà un unico
“contenitore” a raccontare nel suo insieme un’esperienza tanto complessa. “Abbiamo riletto il fenomeno
della storia dell’emigrazione con un andamento cronologico -precisa il direttore del Mei
Alessandro Nicosia, presentando il museo, promosso dal ministero degli Affari esteri con la collaborazione
del ministero per i Beni e le Attività culturali.- Essendo un museo gratuito rivolto al grande
pubblico del Vittoriano e agli studenti, abbiamo voluto semplificare la lettura. La data simbolica
d’inizio è il 1861, anno dell’unificazione italiana, anche se l’emigrazione iniziò molto prima.
Attraverso sei sezioni si arriva fino ai giorni nostri, con i casi di affermazione di oriundi italiani in
sempre più campi e l’inversione dei rapporti, con l’Italia che dal 1976 diventa un Paese in cui i
flussi in entrata iniziano a superare quelli in uscita. Ma l’aspetto più importante è quello dell’unità
nella diversità, perché l’emigrazione fu un fenomeno caratterizzato da innumerevoli flussi locali”.
All’interno, nelle varie stanze lo strumento multimediale la fa da padrone. Mentre una particolare
sezione della Mostra pone all’attenzione le migliaia di espatriati da ogni singola regione e la loro
destinazione verso territori diversi. “Un modo per sfatare alcuni luoghi comuni -aggiunge Nicosiaperché
il primato spetta al Veneto, seguito dal Friuli, mentre solo a partire dal secondo dopoguerra la
Sicilia sale sul gradino più alto della classifica, anche per effetto delle partenze verso il Nord
industrializzato”. Migrazione interna alla quale è dedicata una specifica sezione, con i filmati
dell’istituto Luce e delle Teche Rai (molti inediti) che testimoniano. Nella parte finale del percorso
espositivo si può consultare una biblioteca sull’argomento e disporre di una sala cinema dove viene
proiettato un documentario dal titolo ‘’L’Emigrazione Italiana e il Cinema’’ con interventi, tra gli
altri, di Emanuele Crialese, Carlo Lizzani, Enrico Magrelli, Citto Maselli, Giuliano Montaldo,
Gabriele Salvatores, Pasquale Scimeca, Pasquale Squitieri, Daniele Vicari, Nello Correale. Ma il
Museo contiene anche documenti d’archivio. Fra i pezzi pregiati, anche alcuni cimeli storici, dai
quaderni di scuola recuperati dalla Società Dante Alighieri a due organetti originali utilizzati per le
vie di Buenos Aires da migranti siciliani a inizio secolo fino al modellino della nave Roma, una delle
prime a effettuare le traversate transoceaniche e a portare in America gli emigrati a livelli “industriali”.
Numerosi e prestigiosi i Prestatori: oltre 40 tra i quali la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma,
Rai Teche, l’Istituto Centrale per i Beni sonori e audiovisivi, l’Archivio Centrale di Stato, l’Istituto
Luce, la Fondazione Cresci, la Società Dante Alighieri, la Società Umanitaria di Milano, l’Archivio
Storico della città di Torino e diversi collezionisti privati.
Ed in qualità di prestatore è presente Franco Vallone, già direttore del Museo dell’Emigrazione
Giovan Battista Scalabrini, con una parte importante della sua raccolta privata de “Le Stanze della
Luna” di Vibo Valentia, che rappresenta dignitosamente la Calabria, una delle realtà geografiche
italiane ad aver alimentato maggiormente a cavallo dell’Ottocento/Novecento il fenomeno
dell’emigrazione in tutto il mondo, nelle Americhe, in Australia e nei Paesi europei. Invitato dagli
organizzatori, Franco Vallone ha messo a disposizione materiali documentari testimoni dei
momenti significativi e dei ricordi indelebili della diaspora calabrese che ora si possono toccare
con mano, studiare e fotografare: cimeli, fotografie, bauli, documenti di identità, di viaggio,
che contribuiscono a raccontare gli emigrati calabresi. “Non è la prima volta -dice Franco Vallone,
accompagnato per tutto il percorso della Mostra dal ricercatore Salvatore Libertino e dal glottologo
Michele De Luca- che la raccolta viaggia da un posto all’altro. In passato con questo stesso
materiale aveva allestito a Vibo Valentia la mostra “Il Baule dell’Emigrante”, e il Museo Calabrese
dell’Emigrazione Scalabrini prima a Vibo e successivamente a Francavilla Angitola ed aveva
collaborato più volte alla realizzazione di eventi e mostre internazionali prendendo parte a quella
dell’emigrazione italiana in America “The World in my Hand”, curata dal compianto Paolo Cresci
e svoltasi nel cuore ancora pulsante dei migranti verso gli USA, ad Ellis Island di New York nel
1997, e poi, successivamente, alla Fiera Internazionale del Libro a Torino e alla mostra allestita
presso il Municipio di Brooklyn, ancora a New York. Tra i numerosi pezzi, tra gli oggetti e i
documenti trasferiti a Roma, tanti materiali documentari provenienti da Favelloni di Cessaniti,
Briatico, San Costantino Calabro, Francavilla Angitola, dal Vibonese e da altre aree della Calabria:
due antichi bauli, uno di fine Ottocento ed uno del 1910; un raro menu di terza classe stampato in
rosso e differenziato, nel mangiare quotidiano dei trenta giorni di viaggio, per aree geografiche di
provenienza dei migranti; ricevute di rimesse di danaro di banche americane e argentine, immaginette
sacre, attrezzi da lavoro di un barbiere ambulante, libretti di risparmio, un portafogli dalle
mille tasche, un certificato argentino di buona condotta, un certificato di matrimonio per uso
emigrazione e tante bellissime fotografie testimoni delle lontananze fisiche e delle vicinanze del
cuore. Il baule di fine ottocento, esposto attualmente al Vittoriano -continua Vallone- ha un una storia
molto singolare. Gli emigranti lo prendevano in affitto per trasportare masserizie durante i loro
viaggi. Dopo le traversate sull’Oceano, su quel “mare grande quanto il cielo”, il baule ritornava
regolarmente in Calabria pronto per essere affittato per un altro viaggio. La ‘ditta’ che fittava il
baule aveva sede a San Costantino Calabro, in provincia di Vibo Valentia. La parete esterna del
prezioso ‘baullu’, ormai a riposo, è ancora piena di targhette ed etichette d’imbarco che si sono
accumulate nel tempo, durante le continue e numerose traversate oceaniche verso la Merica.


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