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GRANDE SUCCESSO PER LE “GIORNATE FAI DI PRIMAVERA” il 23 e 24 marzo 2019 a Badolato borgo
Autore:Guerino Nisticò     Data: 30/04/2019  
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Data: 30/04/2014 - Anno: 20 - Numero: 1 - Pagina: 6 - INDIETRO - INDICE - AVANTI

CHI PER LA PATRIA MUORI'

Letture: 1130               AUTORE: Vincenzo Squillacioti (Altri articoli dell'autore)        

Evviva! Arrivru! Il primo a scorgerli stato Larizzu.
Erano finalmente arrivati! Quindici chilometri dimpervio sentiero a dorso di mulo non sono
certo facili da sopportare per un Pastore di Diocesi e per un Prefetto di Provincia, adusi ad altri
mezzi di locomozione per il loro lavoro. Meno sfiniti i quattro giovani carabinieri cui era stata affidata
la delicata consegna di vigilare sullincolumit delle due Eccellenze: i cavalli erano i migliori
in dotazione, e i militari erano stati scelti personalmente dal Colonnello comandante la Legione.
Quasi tranquillo don Tobia, il Salesiano che gi tante altre volte aveva affrontato quella fatica per
portare fin lass la Parola di Dio, sempre a dorso di una mansueta asina che era ormai diventata la
cavalcatura di fiducia. Raggiante il giovane Cosma, la guida ufficiale della tanto nobile quanto
inusuale comitiva. Abituato a doversi districare tra i boschi di quella montagna, di cui ormai
conosceva ogni anfratto, ogni scoscendimento, ogni tratto scivoloso, non poteva che toccare a lui
il delicato compito di fare da battistrada, con il suo gagliardo e fidato stallone, ai quadrupedi che
quel giorno savventuravano per sentieri sconosciuti.
Don Tobia aveva scoperto per caso lesistenza di Sassoscuro tra le montagne, uno strano villaggio
fatto di povere case sparse ricadenti in tre diversi Comuni al di qua e al di l del torrente
Sasi. Vi dimoravano, giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno, non pi di settanta
famiglie, circa cinquecento persone tra vecchi, adulti e un esercito di ragazzi e di bambini. Un
paese senza strade, senza energia elettrica, senza ufficio postale, senza medico e senza farmacia,
con un telefono pubblico molto spesso muto, ubicato in una bettola dove i montanari potevano
ubriacarsi a piacimento e comprare, su ordinazione, sigarette, fiammiferi, zucchero e caff. Un
paese per decenni senza Scuola. Un paese senza Carabinieri e Senza Chiesa. Un paese dove il saltuario
assassinio rimaneva quasi sempre senza pubblicit e senza colpevole. Un paese in cui lo stupro
e lincesto non erano proprio rari n venivano additati allesecrazione generale. Un paese,
pens il sacerdote salesiano quando vi mise piede per la prima volta, che aveva bisogno di unopera
di trasformazione del cattolicesimo superstizioso e paganeggiante in pratica consapevole della
Parola di Dio, di razionale canalizzazione degli istinti che regolavano la vita quotidiana, di consapevolizzazione
e valorizzazione dellagreste bont dellanimo.
Ottenuta, non senza qualche difficolt, lautorizzazione dai Superiori, don Tobia si dedic subito
ad una sua personale opera di evangelizzazione degli abitanti di Sassoscuro, recandovisi almeno
una volta al mese oltre che a Natale per far nascere il Redentore e a Pasqua per farlo risorgere
dalla morte. Cos per un paio di anni, tra non poche immaginabili difficolt, ma sempre allegro e
sorridente perch sorretto dalla fiducia in Colui del quale era Ministro fedele. Celebrava Messa
servendosi di altari improvvisati a turno nelle varie contrade; confessava i pentiti, quasi tutti di
sesso femminile; raccontava il Vangelo nelle case di chi gli apriva la porta. Ma soprattutto giocava
con i bambini, ai quali insegnava, negli intervalli le prime e pi facili preghiere del cristiano.
Quando il tempo cera e le condizioni glielo consentivano, simprovvisava maestro elementare e
tentava di trasmettere a quei piccoli i primi rudimenti del sapere insegnando loro a leggere e a scrivere.
Ci volle tanta pazienza e tanto amore, ma i primi risultati non tardarono ad arrivare perch i
bambini sembravano aver sete di imparare. In uno dei suoi viaggi, insieme ai soliti quaderni, pennini,
inchiostro, carta assorbente, matite e gomme, port il libro Cuore di De Amicis, tante copie
quanti erano i bambini pi assidui agli incontri. Allinizio il maestro leggeva e gli scolari
ascoltavano, in un silenzio musicato dal rumore dellacqua del Sasi quando le lezioni si svolgevano
sulla sponda del fiume. Lattenzione maggiore veniva riservata alla lettura del Racconto
mensile e di quei brani che esaltavano il coraggio e il sacrificio dei soldati italiani che avevano
lottato per lindipendenza. Si fece cos conoscenza con parole quali Italia, Risorgimento, Patria.
Larizzu in particolare, il pi attento e il pi sensibile tra quei piccoli volontari del sapere, non per-deva una lezione, e si metteva sempre accanto a don Tobia del quale non perdeva una parola, e
sembrava incantato quando si leggeva del sacrificio di bambini per amore della Patria.
Gli uomini, gli adulti maschi, non accettavano facilmente quella che in qualche modo consideravano
uninvasione di campo da parte di un prete peraltro sconosciuto. La gelosia per le proprie
mogli sorelle e concubine, e limbarazzo di trovarsi in parte spodestati da un intruso per giunta
improduttivo tennero quei montanari distanti da don Tobia che, per, seppe cristianamente pazientare
e intelligentemente aspettare. E i primi segnali di accettazione e di benevolenza col tempo arrivarono,
motivati soprattutto dalla scoperta, durante la celebrazione della Messa in particolare, che
i loro bambini cominciavano a saper leggere.
Una domenica don Tobia not che a Messa gli uomini erano pi numerosi del solito, ed erano pi
attenti allomelia. Non gli fu quindi difficile dedurre, e sperare, che si stava verificando una sorta di
cedimento delle posizioni intransigenti alle quali si erano arroccati sino ad allora quei duri montanari.
E pens fosse giunto il momento che da tempo aspettava: proporre al popolo di Sassoscuro la
costruzione di una loro chiesa. Se loro avessero approvato, lui, don Tobia, li avrebbe aiutato volentieri
e con amore. E loro, un po tutti loro, avrebbero dovuto rimboccarsi le maniche, e ognuno avrebbe
dato il proprio contributo, ogni uomo, ogni donna, ogni ragazzo persino. Nella loro chiesa, una
volta eretta, sarebbero stati battezzati i bambini; si sarebbero celebrati i matrimoni; si sarebbe festeggiato
il Natale e poi la Pasqua. A Sassoscuro si sarebbe celebrata la Messa ogni volta che un sacerdote
avrebbe avuto la volont e la possibilit di arrivare fin lass. E nella loro chiesa, non essendoci
un cimitero, si sarebbero benedette e avrebbero trovato definitiva dimora i resti mortali di Elia u cannistrru,
il loro compaesano morto per la Patria sul Monte Grappa.
La risposta dei fedeli presenti, colti di sorpresa, fu immediata ed ebbe inizio da Larizzu, il pi
vicino allAltare nel suo abituale ruolo di chierichetto, capace ormai di servire Messa usando il
latino come se fosse stato a scuola per impararlo. Appena ritenne che don Tobia avesse finito il suo
sermone grid bello!, e subito un convinto battimani di tutti i presenti, donne e uomini.
Allincontro seguito alla Messa, richiesto da don Tobia e organizzato dalle persone pi rappresentative
del posto, si parl del luogo e delle dimensioni della chiesetta, del materiale da reperire e
della manodopera necessaria, ovviamente tutta volontaria. Si cominci subito. Gli avanzamenti dei
lavori erano programmati e verificato ogni mese, alla presenza di don Tobia il cui contributo consistette
anche in denaro l dove stato necessario. Dopo un anno di lavoro la chiesetta era pronta.
Quel giorno il Vescovo di Squillace veniva per consacrare la Casa di Dio. E il Prefetto della
Provincia veniva a consegnare ufficialmente alla Comunit del borgo montano i pochi resti mortali
del milite Elia, leroe di Sassoscuro morto gloriosamente per la libert e lindipendenza della
Patria. Il rappresentante dello Stato parl a quella gente come si conviene in circostanze del genere.
Parl dei sacri confini dItalia, dello straniero sconfitto e costretto a risalire le Alpi, del sangue
dei militari italiani che ha imporporato le rocce alpine e le acque del sacro fiume dItalia. E
tutti zitti e attenti, anche quando non capivano. Il pi attento era Larizzu, che non capiva, per,
tante belle parole che diceva il Vescovo quando parlava del grande amore di Ges sino al sacrificio
della morte, e della missione cui chiamato ogni cristiano. N gli era chiaro tutto quanto
aveva detto il Prefetto.
A sera non riusciva a prendere sonno. Pensava e ripensava a Ges che muore per lui sulla
Croce, e si sforzava di capire il significato delle ultime parole del Prefetto: chi per la Patria muor
vissuto assai. Di una cosa, per, era certo: si sarebbe fatto prete, e la Patria sarebbe stata il suo
grande amore sino alla morte, naturalmente dopo Ges. Lindomani ne parl ai genitori quando si
sono ritirati dai campi, ma questi, non sapendo da che parte cominciare, ne parlarono a don Tobia
il mese successivo. Il Salesiano, ben sapendo che non poteva avviarlo allIstituto della sua
Congregazione perch la famiglia non era nelle condizioni di pagare la retta trimestrale, present
il caso al Vescovo, che lascolt e promise il suo sostegno.
Il primo ottobre, Larizzu, accompagnato dal padre scese alla marina dove presero il treno per
Squillace; fatto lultimo tratto su una sgangherata corriera, alle undici si apriva per il piccolo
Sassoscurese la porta del Seminario minore vescovile.
Fu un anno felice per il piccolo seminarista. Gli mancavano i genitori e i fratellini, gli mancava
la fiumara e la pesca delle trote, gli mancavano le rosse ciliegie della sua vallata, e altre cose
gli mancavano, ma aveva ci che ormai desiderava sopra ogni cosa: la possibilit di farsi prete. Fu
lo studente modello dellanno, anche se non evidenziava attitudini per le scienze esatte e capacit
speculative: i professori annotavano soprattutto la sua diligenza, la disponibilit e lubbidienza, la
passione e limpegno nello studio della Storia Sacra e il trasporto nella pratica dei Sacramenti.
Nel corso del secondo anno di Seminario Larizzu si ammal, e stette tanto male da dover essere
ricoverato in ospedale, dove rimase a lungo. Alluscita torn in famiglia per un altrettanto lungo
periodo di convalescenza, e nella valle si disse che cera stato un miracolo a conservare al ragazzo
la vita. Ne usc salvo, difatti, ma piuttosto malconcio, nel fisico e nellanimo. Ladolescente perse
lentusiasmo che lo aveva caratterizzato negli ultimi anni, divent introverso e anche un po triste.
Lasci il Seminario, ma non perdette il rapporto cordiale con don Tobia, sino a quando la salute e
let consentirono al Sacerdote di frequentare la sua valle e incontrare i suoi montanari.
Il giovane e laborioso ex seminarista, detto ancora Larizzu, divenne con gli anni un bravo boscaiolo
e provetto carbonaio. Nelle uggiose giornate invernali, quando le condizioni climatiche impedivano
il lavoro allaperto, egli si dedicava con piacere alla lettura della vita di Santi, ma anche di libri
daltro genere come Guerrin Meschino, Le avventure di Pinocchio, Le mille e una notte. Leggeva e
rileggeva di preferenza il libro Cuore che alimentava in lui lamor di Patria al quale era stato iniziato
fin da bambino dalle letture di don Tobia. La Patria era ormai per lui il suo grande ideale, scavalcando
persino la figura di Ges e della sua morte in croce, che negli anni dellinfanzia aveva avuto
il primo posto nei suoi pensieri. Appena in possesso del denaro necessario acquist, tramite un amico
esperto in traffici commerciali, un bel fucile a doppia canna, da usare alloccorrenza come mezzo di
difesa e per cacciare tra i boschi la selvaggina di cui il territorio abbondava.
Il nostro giovanotto, adesso ribattezzato Lariu do Latnu per via delle parole latine che spesso
ostentava, divenne in breve tempo un abile cacciatore, da fermo e al volo. Il fucile era per lui
lamico migliore dal quale non riusciva a staccarsi, neanche quando andava alla bettola per giocare
a carte con gli amici. E la caccia, di notte e di giorno, era il passatempo preferito allaperto,
come lo era la lettura dentro casa nelle ore di pioggia e di tempesta.
Quando, nel giugno del 1940, lItalia entr in guerra, Lariu do Latnu non era ancora maggiorenne,
per cui rimase a casa in attesa che la patria, avendone bisogno, lo chiamasse al fronte per
combattere. Un mattino, dopo una notte insonne al pensiero che tanti altri giovani come lui erano
gi in lidi lontani in armi, scese con la cavalla in paese e si present al Maresciallo dei Carabinieri
per esprimere il desiderio di partire volontario per la guerra. Il Comandante la Stazione, tra incredulit
e meraviglia, riemp con calma un modulo e lo sottopose alla firma del volontario non senza
aver caldamente raccomandato di pensarci bene prima di scrivere il proprio cognome e nome in
calce a quel foglio: Lariu firm senza alcun tentennamento. In groppa alla sua cavalla se ne torn
a Sassoscuro in attese della chiamata alle armi, che arriv entro la fine del mese.
Poich sapeva leggere e scrivere, ed anche senza grossolani errori, Lariu venne dapprima impegnato
in uffici di vari Comandi militari sul suolo italiano, dal Sud al Nord della Penisola, a seconda
delle necessit, sempre lontano dal fronte e senza dover usare le armi. Cos per un paio di anni, con
sua grande amarezza perch gli era di fatto impedita la possibilit di lottare per lamata Patria. E quando
simbatteva in notizie di scontri, di battaglie e di sangue che venivano dal fronte, riandava con la
mente alle parole di quel Prefetto che quel lontano giorno a Sassoscuro aveva concluso il suo discorso
declamando che chi per la Patria muor vissuto assai. Non riusciva a rassegnarsi che mentre tanti
soldati soffrivano e morivano lui, Fante volontario, era esentato da ogni sacrificio nel nome dellItalia.
Quando il conflitto si estese oltre ogni confine, e gli scontri furono continui, e il sangue scorse
a fiumare, e la morte consolid il suo scettro, venne lora che anche Lariu il volontario lasciasse
le comode sedie delle caserme per correre al fronte a dare man forte ai sempre meno numerosi
soldati in armi. Fu dapprima in Sardegna e successivamente al fronte africano: sempre pronto a
versare il sangue per la patria, sempre immune dalla bench minima scalfittura. Cos per oltre due
anni, tra indicibili difficolt e disagi, tra dolore e sangue, tra tragedie e morte. Ma sempre indenne,
con il rammarico di non riuscire a dare niente di proprio alla Patria.
La guerra aveva lasciato sul campo oltre cinquanta milioni di persone, ma non il Fante volontario
Lariu do Latnu. Allannuncio della fine del conflitto, in procinto di venire istradato con altri
fortunati verso lItalia, e quindi verso casa, pens che avrebbe provato vergogna da morirne se si
fosse presentato a Sassoscuro con tutte due le gambe, con tutte due le braccia, con tutte due le
mani, senza una sola ferita. Nella notte buia sallontan discretamente dai commilitoni, sappart
in un angolo, poggi lindice della mano destra sopra un legno casualmente l accanto e con la
baionetta nella sinistra lo tagli netto dun colpo.
Quando, in una splendida mattina di maggio del 1945, dopo alcuni anni di assenza e dopo alcuni
giorni di viaggio arriv, a piedi, a Sassoscuro, abbracci gioiosamente parenti ed amici, senza
vergogna alcuna. Ma non si vide mai pi a caccia tra i boschi della valle.





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