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L’ETNOGRAFA GIOVANNA MARINI E LA SUA SCUOLA PER UNA SETTIMANA DI STUDIO A BADOLATO E RIACE
Autore:Guerino Nisticò     Data: 30/04/2019  
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Data: 30/06/2022 - Anno: 28 - Numero: 1 - Pagina: 15 - INDIETRO - INDICE - AVANTI

GENTE DI MARE E NON SOLO NEL LIBRO “BRIATICO DI UNA VOLTA” DI FRANCO VALLONE

Letture: 478               AUTORE: Antonio Iannicelli (Altri articoli dell'autore)        

Mentre leggo il libro di Franco Vallone, Briatico di una volta. Storie, luoghi, persone e personaggi
di un paese della Calabria, Adhoc Edizioni, Vibo Valentia, spezzoni di vita, riprodotti da
antiche foto mi scorrono sotto gli occhi in una sequenza ordinata ed accattivante e mi parlano di
una appartenenza, di una terra d’origine, del luogo del cuore. Un patrimonio di scatti realizzati da
gente comune dagli inizi del secolo scorso agli anni Novanta su temi di cultura, di tradizioni, di
costume, di vita della città di Briatico. L’intento dell’autore, Franco Vallone, scrittore, giornalista
pubblicista con il piglio dell’antropologia è quello di registrare l’ascolto della gente comune, le
voci dei Briaticoti di differente estrazione sociale, per poi ritrovarsi e far ritrovare il lettore in quel
luogo comune del “c’ero anch’io”; raccontare come eravamo, studiare lo stato di resilienza della
cultura di appartenenza, i suoi cambiamenti per poter dire con un certo pizzico di orgoglio “anch’io
sono di Briatico”, ma soprattutto per immaginare “il come saremo” un domani. Osservare il passato
attraverso le testimonianze riportate per lanciare un messaggio di speranza, di ottimismo; per
immaginare il futuro.
Vallone che ha un bel dialogare col lettore,
non è nuovo a questo tipo di impostazioni
del lavoro, a queste “contaminazioni
antropologiche” supportato da foto di
amici fotografi, di famiglie del luogo, di
collezioni private, che colgono momenti
individuali e collettivi di una Cittadina Meridionale;
documenti visivi collocati, senza
invadenza, a lato dello scritto al quale l’autore
concede molto spazio ricorrendo alla
sua lingua, al suo dialetto, chiamando gli
oggetti con l’antico nome, le persone con
i loro soprannomi, a rafforzare il casato di
provenienza, misurando forma e pronuncia,
in ciò interpretando appieno il pensiero del
glottologo Michele De Luca che con una
sintetica nota linguistica, apre il lavoro.
Parlare del proprio paese sotto forma di racconto, proporre al lettore le interviste della propria
gente, di chi ha visto e vissuto prima di lui la realtà-dimensione-paese con le attività lavorative
giornaliere di pescatori, postini, putihari e quanti altri formano il cuore pulsante della memoria
collettiva, realizza appieno quel rapporto di immedesimazione e di simbiosi con l’autore, come dire
leggo, ma sono lì col cuore e con la mente.
Trattando di una cittadina che si affaccia sul mare, ricche sono le annotazioni sugli usi e costumi;
puntuali i riferimenti, ‘i signi, che la gente di mare deve conoscere per orientarsi verso la terraferma.
Regole e leggi del mare che chi abita in quel posto deve conoscere e rispettare, dalla direzione del
vento ai pericoli dettati dal maltempo; dal tipo di pesca da praticare alla conoscenza dei posti dove pescare
i diversi tipi di pesci. E vieni a conoscere, così, un tipo di pesca assai peculiare, quella dei sùrici
che richiede pazienza, costanza e tanto lavoro. E trattando di gente di mare, Vallone ci fa conoscere,
attraverso le testimonianze trattate, interessanti notizie sulla marineria di Briatico e sulle famiglie dei
Briaticoti che la resero importante, con una compiuta elencazione degli interessati che accomuna
bisnonni e pronipoti differenziati solo dai soprannomi. I tempi d’oro quando la marina di Briatico era piena di barche con ben 138 pescatori attivi: i Prostamo, gli Accorinti, i Napoli, intere famiglie dedite
alla pesca da generazioni. E c’è la descrizione degli stati d’animo, le gioie i dolori della gente di mare,
la cocente delusione che si può provare, dopo notti di duro lavoro, per la rottura di una rete che rilascia
in mare una enorme quantità di mùtuli, lanzardo, sgombro occhione, pari a 100 quintali. Un tipo
di pesce importante per quella popolazione, utilizzato per la preparazione du pisci all’ogghiu. Una
ricchezza di storie di paese raccontate da portatori di eredità, da custodi della memoria: ‘u bastimentu
arrenatu, Nilla du barru, Iconio Giuseppe Pròstamo e la cattura inaspettata di uno squalo. Ed ancora
fatti fantastici, meravigliosi, di sirene ed uomini-pesce che la fantasia popolare vuole abitassero quei
luoghi; di creature marine, realmente pescate, assai strane da costituire “a maravigghja”.
Ma per Vallone, Briatico non è solo la sua marina, e in modo particolare la Rocchetta, luogo ove
la gente tradizionale di un tempo fa iniziare e finire non solo il paese, ma il proprio mondo; luogo
partecipativo delle iniziative culturali e di identificazione di ogni Briaticoto che continua ad ancorarsi
a quel posto con tanto di foto ricordo, fino a sentirsi un tutt’uno con la torre. Vallone vuole
dilatare i confini della identità briaticese, partendo proprio dalla salita della marina, raggiungere e
soffermarsi sul corso per trattare della vivacità, del dinamismo delle putihe, di quelle attività commerciali
che si svolgevano all’interno bugigattoli di pochi metri quadrati, ma anche all’interno di
empori veri e propri, come quello di “Pinto” dove potevi trovare di tutto d’a gùgghia, dall’ago, al
corredo matrimoniale. E scopri insieme a queste attività commerciali, i gusti di un tempo: domina
lo stocco tenuto in ammollo nelle vasche di pietra di questi piccoli esercizi; gli odori dominanti che
si espandono dappertutto: quello del provolone piccante con la lacrima appena iniziato, della mortadella
sotto l’affettatrice dall’immancabile colore rosso mattone, fino a quello delle caramelle nel
recipiente di vetro. Ma anche gli occhi annotano altre meraviglie: la diversità dei colori all’interno
degli esercizi: dalle bottiglie di liquore messe in mostra su alti scaffali, alle etichette pubblicitarie
di caffè e olio, al rosso predominante delle buatte di salsa e a quello sgargiante delle grandi scatole
metalliche contenenti biscotti da vendere sfusi.
Di come si svolgesse la giornata lungo il corso cittadino, dentro queste attività commerciali viene
documentata dai tanti “medaglioni” realizzati sugli abitanti-personaggio, a riaffermare che Briatico
non è solo la Rocchetta e la sua marina. Briatico è anche altro, senza rinnegare il passato importante
della sua marineria. E Briatico vuole essere altro e si propone, con questo libro, per essere anche
altro. Dal primo Albergo e Trattoria Centrale di Filippo Napoli, tempo ne è trascorso. Oggi interessanti
strutture di avanguardia culinaria si pongono all’attenzione di turisti amanti del gusto raffinato
e riescono a fornire le giuste risposte alle loro aspettative. U mangiari briaticoto di una volta si è
evoluto! E Franco avrà modo di darcene testimonianza nel prossimo volume, già in cantiere.
Con il suo interessante e stupefacente lavoro, Vallone non solo vuole ricordare “Il come eravamo”,
e ribadire l’appartenenza con “io sono di…” per sottolineare i valori autentici di una civiltà
tradizionale, ma vuole togliere le ancore da quella Torretta ed invitare i Briaticesi a pensare “al
come saremo”, dove riusciremo ad andare. Lui osserva e fa osservare il passato per immaginare
un futuro di speranza. Ritengo che questo sia il concetto più importante che l’autore voglia comunicare.


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