Data: 31/12/2017 - Anno: 23 - Numero: 3 - Pagina: 15 - INDIETRO - INDICE - AVANTI
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AUTORE: Giulio De Loiro (Altri articoli dell'autore)
l’emigrato-poeta satrianese a cui in Svizzera è stata dedicata una via
Nella storia recente di Satriano l’emigrazione resta un importante capitolo che ha determinato una svolta epocale nella storia di questo borgo calabrese. Particolarmente interessante è la pagina legata all’emigrazione in Svizzera, che inizia ai primi anni ’50, quando arrivano nel Canton Ticino e trovano lavoro nelle cave di granito delle valli di Biasca ed Iragna alcuni scalpellini satrianesi, a cui si aggiungono negli anni successivi muratori, manovali e contadini che per trovare lavoro si spingono nei cantoni tedeschi e francesi. L’ultimo flusso migratorio dei satrianesi in Svizzera interessa gli anni ’70 e vede protagonisti soprattutto i giovani di Satriano, che trovano occupazione nelle fabbriche, nella ristorazione e nel terziario. Questi figli di Satriano lasciano in Svizzera il segno della loro presenza, anche perché riescono ad integrarsi nel tessuto sociale e produttivo nei vari centri in cui trovano una sistemazione di lavoro, tant’è che oggi l’ultima generazione degli emigrati satrianesi in Svizzera occupa posti dirigenziali nelle industrie, nelle banche, nei comparti dell’alta tecnologia e finanche nelle istituzioni. La zona della Svizzera in cui si è concentrata gran parte degli emigrati satrianesi è Biasca, una cittadina del Canton Ticino, che è legata a Satriano da un gemellaggio sancito dalla volontà delle due amministrazioni comunali. Tra le figure più rappresentative dei satrianesi in Svizzera, una menzione speciale merita Graziano Sia, un emigrato satrianese che in terra elvetica si è affermato per il suo amore per la poesia, e in seguito alle sue pubblicazioni la comunità di Balerna, un paese del Canton Ticino dove l’emigrato satrianese ha svolto negli ultimi anni il lavoro di stalliere, ha dedicato a Graziano una via con l’indicazione di “poeta”. E ciò su precisa sollecitazione del suo datore di lavoro e di molti cittadini, che avevano avuto modo di leggere i libri di poesie di Graziano. La sua è una storia che merita di essere raccontata, perché è una storia particolare, in quanto capita di rado di imbatterci in un emigrato che si afferma all’estero per la sua produzione letteraria. Graziano Sia nasce a Satriano nel 1948 in una famiglia di contadini, le cui condizioni economiche costringono il padre Giovanni a partire nel 1951 per Buenos Aires, lasciando l’onere della crescita di tre figli sulle spalle di mamma Rosa, una donna timorata di Dio, che a Satriano ancor oggi si ricorda sia per i grossi sacrifici che ha fatto per la famiglia che per la bontà e generosità con cui è sempre stata vicina alle persone sofferenti. Graziano frequenta le scuole elementari del suo paese, dove ha la fortuna di avere come maestro Ciccio Iannone, un educatore diligente, che Graziano ricorda con grande affetto, anche perché resta colpito dalla sua morte improvvisa che avviene in classe davanti agli allievi. La frequenza della scuola media per Graziano è meno assidua, perché grandicello e pure sviluppato nel fisico, divide i giorni di scuola con le prime esperienze di lavoro: la famiglia, anche per le precarie condizioni di salute del padre ritornato dall’Argentina, ha bisogno, per cui Graziano fa di tutto per trovare una “giornata” di lavoro o nei campi come garzone contadino o come manovale edile. Esperienza questa che Graziano intensifica subito dopo il conseguimento del diploma di licenza media, e che per lui sarà utile, anche perché ha la fortuna di lavorare con una certa continuità accanto a Francesco Riverso e Pietro Scicchitano. Quest’ultimo era un agricoltore che possedeva un’apprezzabile cultura e che durante il lavoro non mancava di intrattenere il giovane su tematiche storiche e sociali, dando al giovane amorevoli consigli, che gli sono stati utili per la sua formazione. A 17 anni emigra in Svizzera, dove trova lavoro come minatore. E stimolato dal salario, lavora duro e con le rimesse inviate alla mamma è di grande aiuto alla propria famiglia. Infatti, pur concedendosi qualche piccola evasione, non sperpera il suo guadagno ed in pochi anni si ritrova un gruzzolo consistente che gli consente di ritornare al paese e sposare Caterina Procopio, la bella cugina, sulla quale da tempo aveva messo gli occhi addosso. Dal matrimonio a Graziano nascono tre figli: Davide, Giovanni ed Alessandro, oggi tutti sistemati con un lavoro sicuro e ben retribuito. Orgoglio della famiglia di Graziano è soprattutto il figlio Alessandro, avvocato, impiegato a Berna nella Confederazione Svizzera e nel contempo impegnato a Londra in un dottorato di ricerca. Ma il fatto per cui la storia di Graziano resta eccezionale è che durante tutti gli anni di lavoro, prima come minatore, e negli ultimi anni, per ragioni di salute, come stalliere, egli trova sempre il tempo per scrivere. Scrive racconti e soprattutto poesie, trovando ispirazione nei ricordi del suo borgo e nelle sue esperienze di vita: Satriano con le sue viuzze, l’incanto dei suoi paesaggi e i disagi vissuti dalla gente sono i motivi della sua ispirazione, unitamente al ricordo dei genitori, dei fratelli, dei nonni e dei vecchietti della “ruga”. Ma a scaldare il cuore di Graziano come poeta concorre pure la moglie Caterina e i suoi tre figli, il cui rapporto alimenta le emozioni più profonde della poesia di Graziano, che scrive e pubblica le sue opere, sia in Italia che in Svizzera: dal 2003 al 2016 dà alle stampe ben sette volumi, in Svizzera, a Torino, in Liguria, in Calabria. Pubblicazioni che consentono a Graziano di ottenere alcuni premi speciali (a Venezia, a Torino, a Siena,…), in quanto nelle sue opere trovano spazio profonde emozioni legate ai ricordi del suo paese e ai sacrifici da lui vissuti durante i 50 anni di emigrazione in terra straniera. Nella produzione letteraria di Graziano, Satriano, il paese dove nacque e visse un’infanzia difficile, e dove egli quasi per incanto ritorna con le sue poesie e con i suoi racconti, resta il tema centrale in cui si affonda il ricordo delle persone che hanno avuto gran peso nella sua crescita, in uno scenario in cui vengono rimarcati comportamenti di onestà, lealtà e di solidarietà umana. Comportamenti che di fatto hanno segnato la storia di questo borgo e che, perciò, conservano il sapore di valori veri e profondi, di cui Graziano come satrianese non può fare a meno, in quanto hanno sistematicamente caratterizzato il percorso della sua vita. Per questa ragione, la poesia di Graziano diventa, un’operazione culturale che serve all’emigratopoeta per ricercare nel microcosmo del suo passato aspetti di vita semplice e comportamenti seri e lineari, che per lui sono fondamentali per guardare al futuro suo e dei suoi figli con gli occhi della speranza. Tra le liriche più significative vale la pena ricordare “Il treno del sud”, una poesia che coglie le sensazioni vissute dagli emigrati calabresi durante il cosiddetto viaggio della speranza, per cui è stampata sulla copertina del suo libro “Due valigie di cartone, un biglietto di sola andata, poche lire e tanti sogni”. (Per i nostri lettori la poesia è a pagina 3 di questo numero del periodico. – Ndd). |