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Autore:Vincenzo Serrao     Data: 30/04/2019  
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Data: 30/09/2005 - Anno: 11 - Numero: 3 - Pagina: 9 - INDIETRO - INDICE - AVANTI

I RAPPORTI TRA BADOLATO E LA CERTOSA

Letture: 1009               AUTORE: Giuseppe Maria Pisani (Altri articoli dell'autore)        

Contributo per una storia
(Seconda parte)

Le “platee manoscritte della Certosa di Santo Stefano del Bosco” conservate presso Il Mueso Nazionale di Reggio Calabria (Inv. Cal. N. 299-300) sono costituite da due volumi in fogli pergamenacei con legatura in legno e cuoio. I due volumi manoscritti (Marzotti A., 1978, p. 124), dispersi dopo il terremoto del 1783, appartennero, dopo il loro ritrovamento, ad Achille Fazzari, ex garibaldino e collezionista d’arte. In seguito furono acquistate da Paolo Orsi, il pioniere dell’archeologia calabrese, e pervennero al Museo di Reggio Calabria per interessamento del Prof. Giulio Iacopi il 5 febbraio del 1952. Le “Platee” furono scritte agli inizi del XVI secolo, quando, dopo oltre tre secoli di dominio feudale e religioso dei cistercensi, i certosini tornarono a Serra. Il loro ritorno comportò anche la restituzione all’Ordine bruniano di tutti i beni mobili e immobili dati in commenda ai laici. Il Papa Leone X accordò la “reintegra” il 16 dicembre 1513, ma la gran parte dei beni era stata usurpata e si prevedeva, quindi, che la restituzione sarebbe stata difficoltosa. Il priore Ottavio Trani chiese allora a Carlo V la conferma dei privilegi ottenendola il 5 giugno 1530. Così, per eseguire l’ordine dell’imperatore, Pompeo Colonna, vicerè di Napoli, il 5 giugno 1531 nominò due deputati regi, Gariesto de Oliveriis e Nicola Angelo De Amectis “ut possint confici pubblicum et solemne Inventarium in causa reintegrationis omnium bonorum S.S. Stephani et Brunoni de Nemore” (Tromby B., 1779, vol. X, app. p. XXXVII). Nacquero così le “Platee”, preziosi inventari di tutti i beni della certosa calabrese la cui stesura cominciò il 21 febbraio 1533 e finì il 29 gennaio 1534.
Come descritto nella “GRAN PLATEA”, i possedimenti certosini di Badolato, la Grangia APOSTOLORUM e la Grangia di S. Andrea, risultano tra i più produttivi:

GRANGE E N° Capacità Colture Regime di Rendita
AGGRUPPAMENTI Beni Fondi Prevalenti Proprietà Annua

Grangia Apostolorum 7 Stabili e 50 Tomolate Vigna con Diretto domi- Duc. 2,5 e 1/2
in territorio di Stilo-Sti- 21 Fondi circa molti gelsi nio. Fitto quin- del frutto degli
gnano-Guardavalle rustici quennale alberi; 1/5 vi-
gna; 1/4 alberi

Camini-Badolato 204 Fondi 500 Tomolate Vigna, gelsi, Concessione
S. Leonte rustici circa ulivi e enfiteutica
seminativo illimitata

Grangia di S. Andrea 28 Fondi rustici 180 Vigne con Concessione 1/4 e 1/3 del frutto
in territorio di Badolato 19 case e 174 Tomolate gelsi e enfiteutica delle vigne e 1/3 e
Casali di S. Andrea partite di Fondi ulivi 1/2 del frutto de-
e di Ysca rustici gli alberi

Inoltre, tra i materiali toponomastici della Gran Platea riguardanti Badolato, Franco Mosino (1968), alle pagine 165 e 166 elenca: f. 65v. Santi Salvatoris de Vadolato; f. 66v. Sante Marie, Sante Caterine (Badolato); f. 82v. Iuxta viam ospitalis (Badolato); f. 83r. Lo ponte delo Abati (Badolato).
Altra notizia interessante ce la fornisce Alfonso Frangipane in un articolo apparso su un numero di Brutium del 1938 (Frangipane, 1938, p. 3): “Martino Toraldo dei Baroni di Badolato, ebbe gran parte, trovandosi alla Certosa di San Martino di Napoli, nella restituzione di S. Stefano del Bosco, dove s’erano insediati i Cistercensi, ai monaci certosini. La restituzione dell’insigne sede bruniana ai confratelli ed eredi del fondatore, venne ottenuta mercè l’azione del Toraldo presso Leone X. Il Papa accordò la reintegra il 16 dicembre 1513, ma l’autorizzazione del Governo di Napoli venne il 4 febbraio 1514. I Toraldo allora in auge nell’Ordine bruniano erano due, Martino, procuratore della cerosa napoletana, e Adamo, futuro procuratore di quella di Padula; ambedue furono a Serra.”
Va ricordato, infine, che Dom Urbano Fiorenza (Badolato, 1584 – Serra, 1640), Priore della Certosa nel 1633, scrisse un’opera fondamentale per la storia dell’eremo di Santo Stefano del Bosco fino all’anno del suo priorato: Enarratio Residuae Vitae S. P. N. Brunonis, un manoscritto prezioso, ma di difficile lettura (Principe, 1980, p. 11) custodito nell’archivio certosino (ms. arch. 14 - p).

(L’articolo del professore Pisani, che ringraziamo, è corredato di congrua e puntuale bibliografia, che noi mettiamo a disposizione di chiunque ne faccia richiesta per eventuali ricerche. - ndd)


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