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Data: 30/09/2006 - Anno: 12 - Numero: 3 - Pagina: 22 - INDIETRO - INDICE - AVANTI

IL LUNGO PROCESSO DI INTERNAZIONALIZZAZIONE DI BADOLATO

Letture: 1185               AUTORE: Antonio Gesualdo (Altri articoli dell'autore)        

IL LUNGO PROCESSO DI INTERNAZIONALIZZAZIONE DI BADOLATO
PER UNA SUA POSSIBILE RIQUALIFICAZIONE URBANA E SOCIALE

Alla fine della mia feconda estate del 1979, ritornato dal Wiltschire, dalla Sassonia, dalla Provenza, dalla Castiglia, dov’ero andato per studiare la permanenza e l’eredità dell’antichità nella topografia urbana dei più famosi borghi medioevali, ho ragionato più a fondo il problema della regressione e della degradazione di Badolato, per quanto ancora in forma occasionale, e senza ulteriori coordinamenti teoretici. è da avvertire che la conoscenza problematica e completa dei fenomeni di decrescenza delle funzioni dinamiche di Badolato è stata per me condizione necessaria per giungere ad una esatta formulazione algoritmica delle logiche e dei concetti di riqualificazione sostenibile del borgo, e di valorizzazione del suo patrimonio culturale, le quali passano per il coinvolgimento degli attori sociali e della loro memoria. Tale processo ha bisogno di un contesto facilitatore, mentre ha prevalso finora una impostazione più schematica costruita su modelli non praticabili, e non su esperienze e strumenti di “governance”. Per coinvolgere l’articolato tessuto sociale di Badolato in un solido rapporto di “partnership”, occorre che si sviluppino strumenti di “governance” e una visione del borgo come rete in cui le diverse anime costituiscano una trama piuttosto che una somma di fattori separati, spesso antagonisti e ostili fra loro. Il 10 ottobre del 1981, nella mia prima intervista internazionale, alla televisione tedesca, e, il 18 novembre, a due professori e a un numero cospicuo di studenti della Facoltà di Sociologia dell’Università di Francoforte, ho detto che per valorizzare l’identità di Badolato e attivare progettualità sarebbe stato necessario orientare l’attenzione verso politiche di programmazione integrata, fondate sull’inclusione e la partecipazione. Da un altro lato, osservo che è ormai molto evidente che, per rappresentare fisionomia e potenziale del tessuto storico badolatese in modo utile a raggiungere quella dimensione e quell’efficacia comunicativa, e a dare valore al capitale profondo ma intangibile del patrimonio urbanistico e artistico di Badolato, occorre un livello alto e diffuso della sua internazionalizzazione, attingendo al serbatoio di contenuti e saperi stratificati nella memoria della collettività, per farli emergere come intelligenza, diciamo così, collettiva. Sono notazioni pertinenti, incidenti, per comprendere la mia mediazione culturale internazionale condotta dal 1979 ad oggi.
Di fatto, e in ogni caso, non conosco la genesi dell’intuizione o idea o determinazione, così acuta e sorprendente di Lanciano, nata pure da una sensibilità sociologico-politica assai più accentuata di quel che si trovasse in tutti gli altri, di “mettere in vendita” Badolato, con un breve articolo, apparso nel quotidiano romano “Il Tempo”, a pagina 12, del 7 ottobre 1986. Alcune osservazioni sembrano imporsi: se si vuole, siffatto articolo non è stato una “provocazione” spregevole, e nemmeno una spiritosa “boutade” petroliniana o pirandelliana singolarmente brillante, ma è stato il segno dell’amore immenso, incommensurabile, traboccante, intenso, inestinguibile di Lanciano per Badolato; e ha suscitato una suggestione crescente e rilevante nella stampa e nelle televisioni, italiane ed estere, alle quali ho rilasciato più di trenta interviste, essendo consapevole che esse potevano essere uno dei momenti costitutivi della mediazione culturale, come processo di diffusione, presso un pubblico di utenti formato non da blocchi monolitici, della memoria materiale ed immateriale sedimentatasi in Badolato. L’informazione e la comunicazione sono elementi portanti della logica di sistema: così, ho ritenuto vitale offrire un ricco flusso di conoscenze storiche e sociali su Badolato, non parcellizzato e atomizzato, alla stampa italiana e straniera, alla RAI, ad Antenne 2 francese, alla German Television, alla RTSI svizzera, e all’ORFT austriaca. Alle interviste era congiunto il proposito di internazionalizzare Badolato, e di concorrere a risvegliare la curiosità pei centri storici, illanguidita in Calabria, offrendo un paradigma alquanto singolare. E non mi appariva un sentiero agevole, quello che andavo tracciando e concretamente specificando nella sua reale natura, ma non sono venuto mai alla conclusione, per così dire, in corso d’opera, che mi convenisse sciogliermi da quel lavoro, incautamente preso, d’internazionalizzare il mio paese, curando i rapporti anche con alte personalità della cultura europea e mondiale, che continuano a venire da me. Il fatto che sia mancata, e che manchi l’applicazione, da parte dell’amministrazione pubblica, di politiche “culture-oriented”, dice da solo quale sia la forza sociale della mia opzione internazionale, autonoma, disinteressata, indipendente, che presenta l’attrattiva derivante dal dare soddisfazione ad esigenze fortemente mortificate nella vacua politica. Non è una palinodia, nè una forzatura dei termini, mostrare che, negli anni 1988-2007. nei quali Badolato è andata smarrendo, perdendo la sua identità, divenendo il miserabile luogo della non-cultura, del non-fermento attivo e fecondo di una nuova coscienza, acquistando invece soltanto un miserrimo turismo di massa, alienante e devastante, piaga e cancro della società contemporanea, i badolatesi stupidamente hanno “svenduto” le sacre case, tipologicamente d’incomparabile fàscino, acquistate, con inauditi sacrifici, dai loro antenati, pei quali la casa-calvario, a cui ci si affezionava per le stesse pene che essa costava, non era un porto di quiete e di benessere, ma il monticello bruno a cui tornavano ad aggrapparsi le formiche, dopo lo spasimo e il viavai della dispersione e della tempesta.
Con argomentate osservazioni, sorrette da un’ampia conoscenza dei libri di T. Colletta, di C. Cydzyk, di S. Zalubuski, e degli atti del Congresso di Amsterdam del 1975, ho passato a un crivello assai severo le formule: “paese in vendita”, “paese albergo”, “paese villaggio”, sollecitate dal marketing turistico di massa e dal “client oriented”. E ha preso forma la diversità di vedute col Dottore Domenico Lanciano, che era una diversità genetica e concettuale: la mia esigenza morale ed intellettuale era, e permane vieppiù, quella di preservare il valore storico e artistico di Badolato, mercè un Piano particolareggiato di risanamento conservativo, a fini anche di turismo culturale qualificato. Con la diversità del 1987, si apriva, dunque, di quel dissenso soltanto un nuovo tempo e, in realtà, si trattava di una divaricazione prevedibile e annunziata. In sè e per sè, la “polemica tra giovani amici” rappresentava, semmai, una ragione di stimolo ulteriore ad un mio più alto ufficio, che sto svolgendo, oramai da un ventennio, come protagonista esclusivo, e centrale, del rinnovamento ètico, culturale, sociale della mia amatissima Calabria, da posizioni umanistiche, idealistiche, liberali. In ultima analisi, tale impegno, in una tensione che riflette una solida base di robustezza di idee e di rigore concettuale, è il fattore decisivo nella mia impresa d’affondare le radici della Calabria nel terreno mondiale, nella quale sento d’essere al passo e in sintonia profonda con un’esigenza e una tendenza di fondo dello spirito del mio tempo, e con la mia diletta ed immortale Europa, a cui pur bisogna appoggiarsi per creare una letteratura, un’arte, una scienza.

Antonio Gesualdo * Storico


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