| Data: 31/12/2015 - Anno: 21 - Numero: 3 - Pagina: 12 - INDIETRO - INDICE - AVANTI 
  
    |  LA SOCIETÀ LIQUIDA NEL MONDO GLOBALIZZATO |  |   Letture: 683                 
 AUTORE: Vittorio Bonacci  (Altri articoli dell'autore) 
        
    Nell’attuale fase storica, la cosiddetta “modernità”, si sta verificando un passaggioepocale: dalla Solidità delle forme sociali ad uno stato di Liquidità delle stesse.
 La “comunità”, intesa come totalità della popolazione insediata in un territorio appare
 sempre più sconnessa e svuotata di valori. I legami interumani diventano sempre più fragili
 e temporanei. La “società” assume sempre più la connotazione di una “rete” a maglia
 lasca anziché quella di una “struttura” solida e ben organizzata. L’azione politica e la vita
 individuale si concentrano sempre più su progetti a breve termine.
 Una situazione così frammentata stimola e orientamenti e azioni “laterali”, propri della
 “rete”, anziché soluzioni “verticali” che configurano “la struttura”. Prevale l’orientamento
 della flessibilità e non quello della conformità: cogliere le opportunità offerte dal momento
 fugace anziché seguire le scelte consolidate nel tempo.
 Si tratta di una trasformazione in cui le scelte individuali, le istituzioni, i modelli di
 comportamento non riescono a solidificarsi e a conservare a lungo la loro forma perché si
 scompongono e si trasformano velocemente. Ciò rende difficile portare a compimento un
 progetto politico o un progetto di vita.
 Questa trasformazione, in parte geografica, ma soprattutto antropologica e culturale,
 è un effetto nefasto degli aspetti negativi della “globalizzazione”. Lo sfondamento dei
 confini storici ha reso la “comunità” spalancata ed esposta a congiunture di varia natura. La
 comunità è incapace di difendersi dai “colpi del destino” e di proteggere la sicurezza degli
 individui che ne fanno parte.
 A tutto ciò contribuisce soprattutto il divorzio tra potere e politica. Infatti, gran parte del
 potere di agire dello Stato ora si sposta e si stempera nel dilatato spazio “globale” in cui i
 controlli politici diventano più difficili e meno efficaci.
 Questo divorzio induce gli organi dello Stato a trasferire le prerogative legislative e i
 principi di “sussidiarietà” ad altri soggetti. Queste funzioni, trascurate dallo Stato, diventano
 terreno di gioco delle forze di mercato o sono lasciate all’iniziativa privata.
 Nel pianeta “globalizzato”, aperto alla libera circolazione delle merci e dei capitali,
 qualunque cosa accada in un posto remoto comporta ripercussioni in tutti gli angoli del
 mondo.
 Una società slegata per effetto della “globalizzazione negativa” è essa stessa causa di
 ingiustizie e quindi di conflitti e di violenze. L’illegalità e la violenza armata si rafforzano
 reciprocamente e traggono vigore una dall’altra. Un antico adagio dice: “Inter armas silent
 leges” (quando parlano le armi tacciono le leggi).
 Incapaci di far rallentare il ritmo sbalorditivo del cambiamento gli individui si concentrano
 sulle cose che credono di poter influenzare minimizzando così il rischio che si corre a livello
 personale. In altre parole cerchiamo dei bersagli di riserva sui quali scaricare l’eccesso di
 paura esistenziale.
 La mancanza di protezione che dovrebbe garantire lo Stato viene esposta agli arbitri del
 mercato, alle speculazioni finanziarie e persino alle bizzarrie accattivanti della pubblicità.
 La crescente delegittimazione dei sistemi di autodifesa collettiva incoraggia l’adozione di
 soluzioni individuali discutibili e pericolose.
 In un mondo in cui ogni individuo è lasciato a se stesso si genera anche l’affievolirsi
 della solidarietà e della giustizia.
 Lo Stato-nazione perde la sua forza che evapora in uno spazio globale.
 In tale contesto il compito primario e la sfida principale da affrontare consiste nel cercare
 di tornare a coniugare potere e politica.
 In un pianeta incartato nella globalizzazione negativa tutti gli aspetti della vita ne risentono
 e diventa difficile adottare soluzioni locali che risulterebbero comunque scoordinate. La
 democrazia e la libertà non possono essere completamente garantite isolatamente in un
 solo Paese. Tutto ciò non vuol dire dimenticare i valori culturali e storici da difendere e
 tramandare perché connotano l’identità di una nazione e di un popolo.
 Ricongiungere potere e politica deve essere un obiettivo da perseguire anche e soprattutto
 nel mondo globalizzato che appare ormai irreversibile.
 Gli Stati devono esercitare le loro prerogative sanzionando sempre coloro che non
 rispettano le regole umanitarie di convivenza. Se ciò non avviene, nell’attuale e apocalittica
 congiuntura migratoria, chi arriva in un Paese avrà l’impressione di essere in un limbo
 sociale, in una “società liquida” dove tutto è possibile.
 Una situazione di universalismo multiculturale non giova alla giustizia e alla democrazia.
 Nel mondo globalizzato ciascun Paese deve conservare le proprie radici storiche e culturali
 pur rispettando quelle degli altri.
 
 
 
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