Data: 30/09/2004 - Anno: 10 - Numero: 3 - Pagina: 25 - INDIETRO - INDICE - AVANTI
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AUTORE: Tota Gallelli (Altri articoli dell'autore)
Pure oggi si vendemmia, ma da soli, tra le quattro mura di un magazzino, con una pigiatrice elettrica e un torchio a mano, in silenzio e in fretta, e non si vede l’ora di finire; qualcuno vendemmia ancora in campagna, ma anche lì non cambia niente. Non si fa più la vendemmia di una volta con tutte le accortezze e precisioni perché venisse un buon vino, e non si sente più la festa della vendemmia, che era festa per tutti, giovani, adulti, bambini. Era sì la gioia del raccolto, ma anche la gioia di stare insieme, di passare delle giornate in allegra compagnia. Si lavorava dalla mattina all’alba per tutta la giornata, dalla recisione dei grappoli alla pigiatura, spremitura, imbottamento del mosto; un lavoro tutto manuale che richiedeva la forza di uomini e donne. Si facevano i turni di vendemmia tra parenti e amici in modo che gli uni andavano alla vendemmia degli altri e perciò i lavori duravano a lungo. Si lavorava in allegria e la sera specie quando si faceva nei palmenti di campagna, si suonava, si cantava, si spizzicava qualcosa, si chiacchierava, e nel frattempo si dava di tanto in tanto un colpo di spremitura al “pizzòlu” cioè all’uva pigiata sistemata sotto l’antico torchio. Avvenivano incontri tra ragazzi e ragazze e spesso tra uno sguardo e l’altro, un sorriso, una parola gentile, sbocciavano gli amori. La ragazza che si sentiva corteggiata cercava nel suo lavoro di dimostrare la sua dedizione, la sua destrezza, il suo stile. E quanta capacità e virilità nei giovani, quanta saggezza negli adulti! Pure per i bambini era festa, anche perché si marinava la scuola. Si mangiava sui cestoni capovolti e sulla tovaglia c’erano affettati di capicolli, soppressate, carne salata, formaggio pecorino, e altre conserve caserecce fatte apposta per la vendemmia. Tanto lavoro sì ma anche tante soddisfazioni, tanta gioia, tante emozioni. |