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UN AFFRESCO: UN RECUPERO
Autore:Vincenzo Squillacioti     Data: 30/04/2019  
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Data: 31/12/2023 - Anno: 29 - Numero: 3 - Pagina: 29 - INDIETRO - INDICE - AVANTI

L’ESPERIENZA DI UN GIOVANE CHITARRISTA BADOLATESE

Letture: 107               AUTORE: Vincenzo Squillacioti (Altri articoli dell'autore)        

Badolato, come tanti altri paesi del nostro Sud, e non solo, ha evidenziato nei secoli al
cune particolari vocazioni poco note a chi non ha interesse o modo di conoscere il passato.
Sorvolando sulla vocazione all’accoglienza, ben nota e di cui si è detto e scritto abbastanza,
mi riferisco, ad esempio alla vocazione per il teatro: ne sono prova le farse carnevalesche che
si rappresentavano soprattutto all’aperto nel passato. Mi riferisco alla musica, da sempre col
tivata, unicamente o quasi, con due strumenti a corda: la chitarra e il mandolino, ma anche la
f
isarmonica. I Badolatesi meno giovani d’oggi ricordano ancora alcuni eccellenti mandolinisti
allietanti in Badolato con le loro esecuzioni a cavallo della metà del secolo ventesimo.
In quel periodo, appunto, il paese aveva problemi molto seri, a partire, come in tutta Europa
e fuori, dalla guerra, e poi i notevoli guasti che la guerra aveva creato in ogni settore della vita
sociale: Nel 1947 il terremoto, che ha dato una brutta scossa al centro abitato. Nell’ottobre del
1951 l’alluvione che ha distrutto parte del paese, e ha inferto un colpo mortale all’economia
di Badolato con l’esondazione di torrenti e le frane di colline che hanno reso deserti vasti
terreni produttivi. Da qui l’emigrazione di massa, oltreoceanica dapprima, e poi in altri Paesi
europei. Infine la fuga dal Sud verso le regioni italiane del Nord che avevano bisogno di
robuste braccia per risollevarsi dal disastro bellico, e industrializzarsi e divenire prospere e
ricche. Un progetto che ci fa venire in mente il professor Valletta, presidente della Fiat prima
di Gianni Agnelli.
A Badolato non sono bastati il quasi fallito coraggioso “sciopero al rovescio” allo scopo
di creare lavoro, e le tante altre battaglie politiche per arrestare lo spopolamento divenuto
veramente massiccio dal 1952 in poi, con il trasferimento di centinaia di famiglie nelle case
popolari realizzate per gli alluvionati nella marina.
Il paese s’impoveriva pertanto di gente, di lavoro, di dinamismo, di produzione, di vitalità,
e a soffrirne di più erano i giovani ai quali mancavano anche spazi ove incontrarsi e crescere.
Non a causa di guerra, o di cataclisma, o di fame vera e propria. Ebbe inizio in quegli anni
anche la fuga di giovani che cercavano altri spazi per crescere con orizzonti più ampi, in spazi
più adeguati a un mondo in cammino.
Tra i giovani badolatesi che sono andati via spinti da tale motivazione Franco Criniti (di
Antonio), appassionato di musica e ottimo suonatore di chitarra sotto lo stimolo e la guida del
nonno materno Giuseppe Criniti, detto Peppi u Grecu), il quale, detto per inciso, ha creato la
prima banda musicale di Badolato, comprando a sue spese gli strumenti.
Intenzionato a coltivare la musica, Franco Criniti (classe 1944) nel 1962 è emigrato a
Milano, dove fin da subito ha frequentato l’ambiente giovanile vicino ad Adriano Celentano,
facendosi notare per passione, impegno e bravura. Avvenne così che, dopo qualche anno
venne notato da persone interessate e del mestiere, e fu chiamato a prestare la sua opera di
chitarrista nella Compagnia teatrale di Dario Fo. Ovviamente il giovane calabrese non
poteva sperare di meglio: era titolare di un contratto veramente insperabile, che ancora gelo
samente conserva.
L’attività teatrale di Franco ha avuto subito inizio a Milano, dove, al Teatro “Manzoni”, il
futuro Premio Nobel presentò “La Signora è da buttare”, Commedia portata poi con successo
in Svizzera dove -ci racconta oggi l’amico Franco- il compenso a lui spettante era di sessanta
mila lire ogni sera. Una bella esperienza, anche a livello di rapporti umani, in cui si distingueva
soprattutto la compagna del Capocomico, Franca Rame.
Franco Criniti, però, aveva un amore nascosto, la Musica jazz. L’ascoltava ogni giorno
seguendo Radio Montecarlo. Milano non poteva soddisfare la sua esigenza di formarlo in
quella direzione, l’America invece sì. Tenacemente determinato chiese al maestro Dario Fo di
scindere con anticipo il contratto e, avutane risposta positiva, abbandonò quel mondo, che pur
tanto gli piaceva, e nel 1968 partì per l’America.
Negli Stati Uniti potè soddisfare la sua passione, ma fece anche altro il dinamico Franco.
S’interessò di moda trattando i capolavori di Armani e di Versace. Instancabile e versatile si
diede anche all’attività immobiliare, e poi ancora ad altro. Nel frattempo, però, insieme allo
scorrere degli anni e dei decenni, lui correva, in ogni parte del globo, eccettuati i due poli:
trecentocinquantotto maratone in tutto, da quelle oceaniche di New York a quelle meno note in
angoli ben lontani dalla sua residenza, a Philadelphia.
Oggi l’amico Franco si ricorda, si racconta… e pare che ancora non si sia messo in pen
sione. Intanto una formale promessa: l’anno prossimo un altro viaggio alla sua sempre amata
Badolato.



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