Data: 30/11/1994 - Anno: 1 - Numero: 2 - Pagina: 13 - INDIETRO - INDICE - AVANTI
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AUTORE: Mario Ruggero Gallelli (Altri articoli dell'autore)
Si giocava con due o più persone, mettendo per terra, in senso verticale, "u zzùju", cioè una "stràcia" (frammento di tegola di terracotta). I giocatori si ponevano a dovuta distanza (circa 4 m) e dopo aver sorteggiato l'ordine di partecipazione al gioco, si accingevano a tirare, verso "u zzuju", con una "cucchja" (bottone), oppure con un "bbebbéhru" (frammento di piatto madriperlato) o con una monetina (cosa assai rara a quei tempi), a seconda di ciò che si era convenuto prima del gioco. Il giocatore che riusciva a far avvicinare di più la "cucchja", il "bbebbéhru", la monetina, ecc. "ahru zzuju" aveva acquisito il diritto di sistemarsi, sul palmo della mano, tutti gli oggetti con i quali i giocatori avevano in precedenza tirato, ponendoli tutti nello stesso verso e lanciandoli in aria. Una volta caduti per terra si andava a controllare il verso che gli oggetti avevano assunto sul terreno: quelli che cadendo avevano assunto verso contrario rispetto a come erano stati posti sul palmo della mano, venivano trattenuti dal giocatore che li aveva lanciati; quelli che cadendo avevano assunto lo stesso verso, venivano lanciati dal secondo arrivato più vicino "ahru zzuju" ripetendo tutte le operazioni del primo; e così via, con gli altri giocatori, fino alla totale assegnazione degli oggetti.
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