Data: 30/06/2005 - Anno: 11 - Numero: 2 - Pagina: 30 - INDIETRO - INDICE - AVANTI
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AUTORE: Mario Ruggero Gallelli (Altri articoli dell'autore)
Abbiamo detto, nel numero precedente de “La Radice”, come la scelta di un gioco fosse spesso condizionata dalla stagione e dal suo clima. Oggi si fa un gran parlare del caldo estivo, dell’effetto serra e delle complicazioni che le alte temperature apportano al nostro fisico: a questo proposito i consigli e le raccomandazioni si sprecano. Il caldo estivo c’è sempre stato e nonostante ciò si è portati a dire “ah, com’aguànnu mai!”. Quando i nostri nonni andavano a fare “majsi ’e sula” (il maggese) la calura non era meno pungente di adesso e per sopportarla non si stava di certo tappati in casa protetti dal condizionatore, ma si escogitavano rimedi più naturali ed economici. Con tanta semplicità e fantasia i ragazzi trovavano il loro passatempo adatto per l’occasione: “i gurnèhr!i”. La meta era uno dei tanti ruscelli di Badolato: Granèli, Cafùni, Providènza, Rambàhr!i,… dove “pischijàra” (sciacquettare) era inevitabile e necessario. Lì i ragazzi raggiungevano la parte più alta del ruscello ed iniziavano a creare uno sbarramento a mo’ di diga, si formava così “u gurnu” (invaso). Divisi poi in gruppi di 2-3 persone, si procedeva alla realizzazione di altri “gurni” più a valle. Ad opere complete, insieme si ritornava all’invaso principale dove si attendeva la sua tracimazione. L’acqua che scendeva veloce metteva a dura prova “i gurni” realizzati dai singoli gruppi. Vinceva il gioco chi era riuscito a realizzare il manufatto più resistente e capace a contenere l’acqua proveniente dall’alto: farselo “sbarattàra” (tracimare) dalla corrente, infatti, era una sconfitta. Finiva quasi sempre con un bagno ristoratore “ahr!u ritègnu” (invaso grande per mulino), l’agognata piscina all’aperto dei ragazzi del borgo. |